E' proprio in questa data che la Rivoluzione francese abbatté, con un voto largamente influenzato da brogli e violenze, il piú antico regno d'Europa.
Il voto della Convenzione fu preceduto dalle elezioni legislative in una nazione che, a stragrande maggioranza non voleva la fine della monarchia ma una sua riforma in senso costituzionale e anticentralista.
Scriveva Danton "E' a Parigi che occorre mantenersi con tutti i mezzi. I repubblicani sono una minoranza infima e, per combattere, non possiamo che contare su di essi; il resto della Francia è attaccato alla monarchia. Occorre impaurire i monarchici".
Ci pensò una minoranza attiva e violenta ad esaudire tali propositi.
L'occasione di rovesciare uno Stato che necessitava solo di qualche cambiamento che Luigi XVI aveva chiaramente mostrato di voler concedere fu colta al momento dell'elezione dei rappresentanti della Convenzione.
Parigi fu tenuta sotto scacco dalle bande giacobine che proprio il giorno 2 di settembre compirono una serie di massacri inauditi.
Le prigioni di Parigi, dove si trovavano detenuti simpatizzanti del Re, guardie svizzere scampate al precedente massacro delle Tuileries del 10 agosto e sacerdoti refrattari (coloro che non avevano prestato il giuramento,scismatico, di fedeltá alla costituzione civile del clero del 1790), furono attaccate dalla folla.
Nessuno fu risparmiato: detenuti comuni, aristocratici, sacerdoti furono trucidati mentre le autoritá assistevano passivamente alle stragi; non furono neppure risparmiati bambini ed adolescenti, fatti a pezzi nella fortezza di Bicêtre; centocinquanta sacerdoti furono sommariamente processati e uccisi in un convento di Carmelitani.
Soltanto i partigiani nel 1945, a Schio , Ferrara, Vercelli, Carpi ed in altri luoghi di detenzione dov'erano custoditi militari della Repubblica Sociale, riuscirono ad eguagliare, almeno quanto a volontá omicida, le raffinatezze rivoluzionarie.
Un migliaio di persone furono barbaramente trucidate; il giorno successivo, 3 settembre la Comune di Parigi con una circolare inviata a tutti i comuni di Francia difendeva queste stragi come la giusta reazione popolare ad un complotto contro la nazione invitando gli altri dipartimenti ad "accorrere al nostro soccorso", ossia ad eliminare i "feroci cospiratori".
Tale il clima che accompagnò l'elezioni del mese di settembre; mentre si favorì l'accesso al voto degli strati della popolazione piú favorevoli ai giacobini, se ne vietò l'esercizio alle assemblee elettorali favorevoli alla monarchia; altre assemblee furono costrette a votare a scrutinio palese in aule gremite da sanculotti armati.
In tal modo la volontá di qualche migliaio di giacobini s'impose su 700.000 parigini; ed anche in altri dipartimenti fu instaurato l'appello nominale sotto la pressione di commissari venuti da Parigi e si rifiutó il diritto di voto a persone sospettate di idee monarchiche.
Si contó che su 7 milioni d'iscritti al voto soltanto 600.000 aventi diritto l'espressero.
Ai brogli elettorali seguí un altro imbroglio ossia la procedura che portó al decreto di abolizione della monarchia votato da una Convenzione riunitasi in una sala gremita di folla urlante. Dei 749 componenti non votarono piú di 300; molti altri, eletti nell'ampio territorio francese arrivarono a cose fatte. La repubblica fu decretata da un'assemblea composta al piú dai due quinti dei suoi membri. Il timore di non riuscire a sostituire un governo monarchico costituzionale con un governo repubblicano ove la totalitá dei deputati avesse preso parte alla votazione, spinse quella minoranza ad adottare urgentemente quella risoluzione.
Il 21 settembre s'udirono, tra gli oratori della Convenzione, simili affermazioni: "Tutte le dinastie non sono state che delle razze divoranti che vivevano di carne umana" oppure "I re sono nell'ordine morale ció che i mostri sono nell'ordine fisico; le corti sono il laboratorio del crimine e la tana dei tiranni".
Di fronte all'acclamazioni della plebaglia armata e schiumante di rabbia nessuno ebbe il coraggio di opporre resistenze. E fu così che dopo un breve voto la Convenzione decretò all'unanimitá l'abolizione della monarchia inserendo il giorno dopo, 22 settembre, attraverso una rettifica del processo verbale del giorno precedente, il termine "Repubblica".
Che fu proclamata da un numero minoritario di deputati, intimoriti dal clima di esaltazione e di minaccia, senza neppur attendere che l'assemblea fosse riunita al completo.
Ma la caduta della Monarchia non poteva fermarsi al solo fatto formale; non bastava, occorreva uccidere il padre, occorreva "la morte di Luigi XVI affinché la nazione viva", come auspicava (ma i suoi auspici sibilanti valevano come ordini indiscutibili) Robespierre. Ed uccidendo il padre si uccideva non solo la Monarchia ma tutto l'ordine millenario di cui il Re di Francia era la chiave di volta. Protettore consacrato della Chiesa, rappresentante di Cristo sulla terra, la sua uccisione mirava a distruggere il legame tra il Re - e dunque Cristo e la Chiesa - e la Francia e, conseguentemente, a distruggere un'intera civiltá che s'era lentamente sviluppata in Europa occidentale. Al suo posto s'instaurava una visione del mondo profondamente secolarizzata, mettendo al posto della Sovranitá (divina) la natura piuttosto che una divinitá rivelata.
Lo spirito anticattolico mostró una sua originale espressione il 10 settembre 1793 quando nel suo "Rapporto sull'Era della Repubblica" presentato alla Convenzione, l'astronomo Gilbert Romme, affiliato alla Loggia delle Nove Sorelle, propose il calendario repubblicano, di chiara ispirazione massonica.
Schernendo l'era cristiana, descritta come l'era della "crudeltá" e della "schiavitú" e rinnegando ila tradizione cristiana, il progetto rivalutava le tradizioni ancestrali degli egiziani e dei babilonesi; notava Romme che "quando la Repubblica era stata proclamata il 22 settembre 1792, alle ore 9, 18 minuti e 30 secondi del mattino, il sole era giunto al reale equinozio, entrando nel segno della bilancia" commentando "che l'uguaglianza del giorno e della notte era affermata dal cielo al momento stesso in cui l'uguaglianza civile e morale era proclamata dai rappresentanti del popolo francese come il fondamento sacro del suo nuovo governo. Così il sole è passato da un emisfero all'altro lo stesso giorno in cui il popolo, trionfando contro l'oppressione regale é passato dal governo monarchico a quello repubblicano".
La rivoluzione fu così concepita come un ritorno alle origini pagane.
Ed il caos s'impadronì dei reggitori della Repubblica. Chiese bruciate e razziate, monumenti distrutti, tutti i segni del passato cancellati; il tutto condito da misure volte a dissuadere il popolo dall'antica pratica religiosa fino al culmine della proclamazione, col decreto di Robespierre del 7 maggio 1794, del culto massonico dell'Essere Supremo, fondatore della nuova religione civica.
Ed é in questo clima di sordida, feroce, belluina oppressione anticattolica e antimonarchica che si innestó la rivolta di Vandea; ma questa é un'altra storia.
Rembarre !
venerdì 24 settembre 2010
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Ritengo importante la ricostruzione reale dei vari passaggi storici che hanno accompagnato l'Italia e l'Europa fino ai giorni nostri.
RispondiEliminaTroppo spesso si demonizza un'epoca o un fatto. "tutto bene o tutto male".
Apprezzo la fine ricostruzione storica ed il messaggio intrinseco.
Per la Vandea, sì è un'altra storia