lunedì 2 agosto 2010

2 AGOSTO 1980, TRENT'ANNI DI MENZOGNE

Porto il mio personale ricordo di ció che avvenne trent'anni addietro alla stazione di Bologna. Ero lì alle nove di mattina perché dovevo passare a prendere una coppia di amici proveniente da Parigi. Il treno era in ritardo ed aspettai un pó di tempo prima che loro arrivassero.
Avevo parcheggiato la mia macchina fuori dalla stazione e, in quanto segnalata dai vigili urbani (che annotavano le targhe dell'autovetture in divieto di sosta per sanzionarle se questa diveniva troppo prolungata) agli organi inquirenti, nel successivo settembre fui chiamato dai Carabinieri a giustificare la mia presenza in quel luogo e in quel giorno.
Non so se questa mia convocazione dipese anche dalle mie appartenenze missine ma non vi dubiterei.
L'atmosfera che si respirava in quei giorni era impregnata dalla rabbia della sinistra italiana che, colla bava alla bocca, pretendeva teste fasciste; solo teste fasciste, non altre.
E dietro di lei tutti gli altri vigliacchetti demo-moderati, spaventati dagli ululati che provenivano dalla piazza inferocita; non essendo lupi e non potendo ululare si limitavano ad emettere latrati.
I due consiglieri comunali di Bologna del Msi, alla prima convocazione straordinaria del consiglio subito dopo il fatto furono aggrediti verbalmente e anche fisicamente dai soliti democratici propensi alla calunnia e al liciaggio ed a ció addestrati fin dal 1945.
I magistrati bolognesi e l'intellighentsia democratica del paese non persero tempo; non vollero arrivare ultimi nella gara di corsa alla lepre ed indicarono immediatamente la matrice "fascista" della strage.
Persino Indro Montanelli, dalle colonne del "Giornale" il 3 agosto ebbe la faccia di bronzo di scrivere "non sappiamo ancora se lo scoppio é accidentale ma se si trattasse d'un attentato allora la matrice sarebbe indubbiamente nera..."; e se lo diceva lui...!
L'autostrada ad una sola corsia era giá stata costruita; tutte l'indagini dovevano marciare obbligatoriamente in quella direzione: l'autostrada era a senso unico.
Soltanto un magistrato, Gentile, giudice istruttore dopo la formalizzazione dell'istruttoria, pur tra tanti errori ed ingenuitá, non si fece condizionare totalmente dall'isterico conformismo imperante e andò a scavare nel ginepraio libanese per trovarvi, lì, la chiave della soluzione.
Lo fece peró in maniera maldestra, approssimativa e, soprattutto, non godette di alcuna seria collaborazione da parte dei nostri servizi d'informazione che, evidentemente, ubbidivano a logiche ben piú forti e motivanti di quella che animava quel magistrato (cercare i colpevoli ed un serio movente), ossia un intreccio d'interessi - atlantici, sionisti, arabi e palestinesi - che vedeva il nostro paese oggetto, piuttosto che soggetto, di politica internazionale.

Deriso, isolato, sconfitto, quel magistrato dovette rinunciare all'incarico; pur avendo tra le mani gli stessi identici verbali che portarono poi altri giudici a pronunciare le vergognose sentenze di condanna contro Mambro, Fioravanti e Ciavardini, egli si rifiutó di emettere mandati di cattura per strage nei loro confronti; aveva giá capito tutto e le "prove" contro gli esponenti dei Nar erano tutt'altro che convincenti.
Ed aveva intuito, per fiuto o casualitá non so dire, che l'attentato non poteva avere motivazioni interne, italiane ma s'inseriva in una scenario di "guerra fredda".
È ció che sta ora emergendo.
Gli inquirenti, a Bologna, giá alla fine del mese d'agosto 1980 sapevano che un tedesco, tal Thomas Kram, esperto d'esplosivi e certamente in contatto col terrorista Carlos, aveva soggiornato a Bologna la notte tra l'1 e il 2 agosto e, dopo quella data, era divenuto uccel di bosco, per poi riapparire vent'anni dopo.
Tale informativa, che contrastava colla piega che l'inchiesta doveva prendere, mai entrò nel fascicolo del processo e questo fatto é venuto alla luce solo qualche anno fa.
Nessuno in questo momento puó affermare quale ruolo quella persona abbia svolto nella vicenda, se l'esplosione sia stata accidentale o, invece, voluta da chi voleva mandare un avvertimento ai nostri servizi segreti per colpire la politica di tolleranza nei confronti di Gheddafi e del terrorismo palestinese (riassunta nel c..d. "lodo Moro", ossia un accordo in forza del quale il governo italiano chiudeva gli occhi al passaggio di armi ed esplosivi attraverso il nostro territorio in cambio della garanzia che nessun attentato vi sarebbe stato eseguito) o, diversamente, per ritorsione contro la condanna del terrorista palestinese Abu Saleh (che risiedeva come studente a Bologna), legato a Carlos e catturato nel novembre ’79 assieme a Daniele Pifano e altri due esponenti dell’Autonomia Operaia per il ritrovamento di missili terra-aria diretti in Libano; condanna alla quale seguirono minacce da parte del gruppo palestinese, che rinfacciava alle nostre autoritá la violazione del "lodo", proprio poche settimane prima del 2 agosto.
Ma qualunque cosa sia accaduta, e al di lá dei recenti sviluppi dell'inchiesta, era giá evidente allora che le carte servite per condannare Mambro, Fioravanti e Ciavardini erano null'altro che spazzatura.
Non so se la menzogna sará un giorno svelata, non so se la magistratura riuscirá a far luce pienamente sulle vere causali di quel massacro. O se lo vorrá.
Perché questa repubblica apparentemente nata dalla resistenza, apparentemente perché il contributo militare delle bande partigiane fu pressocché irrilevante, e in realtá nata dal tradimento e dal servilismo a vantaggio di potenze straniere - che, dopo averci bombardato, reintrodussero in Italia mafie e massonerie - non é in grado di regolare i propri conti col passato, non ne ha voglia, teme che svelata una trama, anche solo per forza d'inerzia si sprigioni un concatenarsi di chiarimenti e di veritá capaci di rimettere in discussione antiche e consolidate certezze, antichi e condolidati poteri.
Non vuole chiarezza perché ha sempre vissuto sull'inganno e sulla mistificazione ed esse sono state il cemento dell'orrido edificio che si chiama stato italiano.
Meglio allora non scoperchiare il pentolone e lasciare che il vecchio brodo marcio continui a bollire.
Ma da lì si sprigiona comunque un odore insopportabile, di bassezza, cinismo, viltá, servilismo.
E' il vero profumo di questa democrazia.

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