mercoledì 24 marzo 2010

SILVIO C'E'

Non sono barzellette, ma cronaca d'Italia.
Un ghanese residente da tempo a Modena, Anthony Boahene, ha pensato bene di chiamare suo figlio, un bimbo di tre anni, Silvio Berlusconi.
"Mi piace come parla, come si muove, anche se non conosco benissimo la politica...se mi scrivesse o mi telefonasse sarei davvero contentissimo e onorato. E anche mio figlio: é convinto che il premier sia suo nonno".
Gei Ar, Sue Ellen, Kevin i nomi delle ultime generazioni di bimbi figli delle telenovelas e degli eroi hollywoodiani, erano succeduti ai classici Palmiro, Alcide, Benito, figli di un'Italia divisa, nè piú nè meno dei secoli precedenti, dalle lotte politiche.
E, nella stessa scia romantica, come non ricordare le figlie del socialista Silvestri battezzate coi nomi di "Folla", "Unita", "Vittoria" in attesa di un'utimogenita, a cui peró i destini magnifici e progressivi negarono di nascere, e che sarebbe stata gratificata del nome "Certa" per chiudere il cerchio dell'immancabile vittoria finale delle masse proletarie.
Ad ispirare il futuro neoitaliano Anthony nella scelta di cotanto nome non é stata peró l'ideologia politica ma la dialettica di Silvio e, cosí dice, per "come (Lui) si muove".
Quest'ultimo non mi sembra sinceramente un gran complimento; non essendo Egli nè una fotomodella nè un ballerino di danza classica, l'unica "movenza" capace di suscitare entusiasmo puó essere la gestualitá d'un comico; e qui sono d'accordo col ghanese, essendo Berlusconi - ció che io penso da molto - una forma evoluta di Totó.
Ecco allora spiegati anche i gusti del piccolo Silvio Berlusconi Boahene ; é naturale che i bambini simpatizzino con personaggi divertenti, ridanciani: Topo Gigio, i Puffi, Mister Bean anche se il piccolo ghanese pare particolarmente attratto dall'immagine televisiva del suo nonno putativo.
"Si incanta a sentirlo quando parla in tv - spiega il padre, a tal punto che - se per caso qualcuno vuole cambiare canale lui s'impossessa del telecomando e non ce lo fa piú toccare".
Una vera e propria birba questo mini Silvio Berlusconi abbronzato (oh, sono espressioni di Lui ! ). Naturalmente tutto ció non poteva passare inosservato dalla classe politica che, da questa eclatante manifestazione d'amore, ha tratto spunto per tuffarsi beotamente nel fiume in piena delle banalitá, che incessantemente esonda dagli argini che il buon Dio ha posto a freno dell'umana stupiditá.
"E' un interessante esempio di come l'immigrazione diventi integrazione quando si compenetra con i costumi della casa che accoglie" ha blablablato Anna Maria Bernini, candidata governatrice Pdl alla Regione Emilia Romagna, reduce dal giuramento di fedeltá pronunciato a Roma al di Lui cospetto, garrula rondinella di questa primavera del nulla.
Una fedeltá che arriva fino al punto di considerare la scelta del nome (e pure del cognome) del suo Capo come segno d'integrazione e di "costume" del paese d'accoglienza, lasciando peró stare la "compenetrazione", espressione che il Nostro Beneamato Leader non assocerebbe di certo all'accoglienza multiculturale.
"Il premier é amato trasversalmente (sic) anche da tanti stranieri - osserva a sua volta compiaciuto un altro consigliere regionale emiliano romagnolo del centrodestra - e questo papá puó essere d'esempio quando dice che le leggi vanno rispettate".
Come il Leader Nostro possa essere amato in maniera "trasversale" ossia, secondo il Devoto Oli, "ponendosi in maniera perpendicolare o obliqua" rispetto agli autori dell'azione amorosa e, per di piú, stranieri, é cosa sulla quale preferiamo sorvolare.
Ma dobbiamo aggiungere, a chiosa dell'intervento veramente notevole per acume politico dell'esponente pdl, che papa Boahene non ha detto affatto che le leggi vanno rispettate e anche se l'avesse detto - e ammettiamo che lo pensi pure - é difficile non replicare che le leggi sono da rispettare ma non perché ció l'affermi uno che ha chiamato il proprio figliuolo con quel nome.
Ma l'importante é che Silvio c'é. Ed Egli si distacca dalla materialitá delle cose, dai desideri volgari delle masse, dagl'impeti d'amore perpendicolari, obliqui e pure paralleli.
Chi lo dice ?
Manila Gorio, un trans barese giá amico/a della escort Patrizia D'Addario.
"Si sono stata a Palazzo Grazioli (la residenza romana di Silvio) - dice Manilona nostra - ma non erano festini a luci rosse come volevano farmi dire giornalisti inglesi d'un tabloid offrendomi dei soldi. Il presidente Berlusconi non fa festini ma semplicemente legge poesie".
Ma ditemi voi, se non ci fosse Silvio, v'immaginate che noia !

martedì 23 marzo 2010

ACHTUNG BANDITEN ? SI,PERCHE' LO ERANO!

Il 23 marzo del 1944, Carla Capponi e Rosario Bentivegna, fidanzati, fecero esplodere in via Rasella a Roma una carica di tritolo, provocando la morte di trentatre militari altoatesini arruolati nell'esercito tedesco e di sei, forse sette (l'incertezza derivando dall'impossibilitá di ricomporre cadaveri fatti letteralmente a pezzi) cittadini romani, fra cui un bambino.
Quei militari erano quanto di piú innocuo potesse esistere nell'esercito del Terzo Reich. Inquadrati in un reparto - "Südtiroler Polizei" - adibito a funzioni di mero controllo della capitale, giravano coi fucili non carichi e si apprestavano, quel giorno, al cambio della guardia al Viminale.
Giunti all'altezza d'un certo palazzo, ad un segnale convenuto (lo fece il Calamandrei) fu accesa la miccia e, subito dopo lo scoppio, alcuni gappisti perfezionarono l'opera sparando e lanciando bombe a mano.
I commenti di socialisti e comunisti fecero a gara per magnificare l'impresa, definita come una vittoria in un "combattimento" contro i tedeschi.
In realtá non vi fu alcun combattimento poiché si trattó di un vero e proprio agguato contro militari disarmati, in una cittá che avrebbe dovuto essere risparmiata dai tormenti della guerra, tanto che i tedeschi avevano appena finito di smobilitare da Roma dove infatti erano rimasti pochi appartenenti al comando locale e quelli in servizio alla polizia.
Il comando germanico comunicó che nessuna rappresaglia vi sarebbe stata se gli attentatori si fossero presentati. Ma i due fidanzati esplosivi (i quali - ovvio no ? - ottennero per questo gesto la medaglia d'oro al "valor militare") non ci pensarono neppure e naturalmente non si fecero vivi, secondo il ben noto eroico stile partigiano.
Dal libro di Piero Buscaroli "Dalla parte dei vinti" :
- La sera della prima strage, quegli eroi scappati e trionfanti sopra il carnaio ammucchiato dei sud-tirolesi, furono ospiti nella casa di un signor Massimo De Massimi, loro amico, che sospettava o era stato informato e domandò a Calamandrei (ndr, uno dei gappisti) "Siete stati voi ?" ricevendo, come risposta, un bel sorriso "Sì, vuoi denunciarci ?" "Non si tratta di denunce, la cosa non finirá qui. Ci sará una rappresaglia sanguinosa..." "À la guerre comme à la guerre" tuonó l'eroe, e l'altro "Vite umane saranno sacrificate per voi, innocenti saranno uccisi. Perché non dimostrate il vostro coraggio costituendovi ? Non potrete mai vantarvi d'una simile azione fin che vivrete..."; si prese così il disprezzo dell'eroe: "Retorica, sentimentalismo, sono un marxista, caro mio, e come tale devo conservare la mia vita per la causa, quella degli altri conta fino ad un certo punto". Eccovi codificato lo stile "resistenza". -
Cito ancora un autore, Pierangelo Maurizio che ha dedicato al caso un libro imperdibile, fondamentale per cogliere la spietata logica che animava la strategia del partito comunista : "Via Rasella, cinquant'anni di menzogne"; da comprare, assolutamente.
Questo episodio, nella sua sconvolgente ferocia quantitativamente pari soltanto alla sua inutilitá - sotto il profilo della lotta al "tedesco invasore" - , mise in moto una serie di meccanismi le cui rotelle, non soltanto per forza d'inerzia ma perché oliate da sempre attuali convenienze, ancora girano emettendo cigolii sinistri.
Non solo la strage di 335 innocenti trucidati alle Fosse Ardeatine ma pure sangue, omertá, procedimenti politici in puro stile sovietico, addirittura un processo dove tre magistrati italiani furono posti sotto sequestro da una marmaglia gonfia d'odio mentre il ministro di Grazia e Giustizia tramava un vero e proprio golpe giudiziario affinché Erich Priebke non fosse liberato e potesse ritornarsene a casa dopo la sentenza che lo aveva prosciolto.
La strage di via Rasella é il primo atto d'una vicenda che ha segnato la storia italiana in maniera indelebile e ne costituisce un significativo capitolo. Non appartiene, miei cari, fedeli, pochi lettori, ad un passato da dimenticare. É la prova provata della menzogna che ha circondato e tuttora circonda la "resistenza", su cui ancora tanti campano politicamente ma che, soprattutto, dá alle c.d. élite culturali di questo fottutissimo paese il grimaldello - strumento adatto ai ladri di veritá, di questi trattandosi - per imporre il loro pestilenziale pensiero .
“Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”, quanto é vera questa affermazione scelta da Orwell, in "1984", come slogan per l'ideologia del "socing", il socialismo inglese capace di controllare il pensiero degli uomini.
Dobbiamo mondarci da "quel" passato di menzogna come ci si libera dalla rogna, dalle piattole, dalla peste.
Perché con quell'ipoteca d'inganni ogni speranza di vera libertá é del tutto illusoria.
Solo la veritá ci renderá liberi.
Lo diceva Uno che non si sbagliava.

lunedì 22 marzo 2010

FRANÇOIS DUPRAT (26 X 1940 - 18 III 1978) - seconda parte

"Sappi che non sei morto invano, perché noi prenderemo in mano la fiaccola e continueremo la tua opera". Jean Marie Le Pen, nell'orazione funebre.
* * *
" Riprendere in mano la nostra economia permetterá il recupero dell'indipendenza nazionale poiché gli sfruttatori, privati d'ogni fonte d'arricchimento, non avranno piú alcuna ragione d'operare sul territorio nazionale. Noi dobbiamo dunque considerare che il nostro programma di liberazione politica e sociale passa attraverso l'adozione d'una economia comunitaria a livello dei mezzi di produzione che, in buona parte, sono oggi nelle mani d'interessi stranieri sia direttamente sia indirettamente... Il recupero delle ricchezze nazionali deve andare di pari passo colla fine dell'influenza culturale straniera in seno alla nostra sfera civilizzatrice. Dobbiamo rimettere in onore la nostra tradizione nazionale...ridando al nostro popolo un compito all'altezza del suo destino storico. Questo compito non puó che essere la costruzione d'un sistema politico economico suscettibile di servire da modello alle nazioni che si confrontano sullo stesso problema, ossia quello della liberazione interna da una influenza straniera predominante.
Ridando ai francesi, tale essendo l'ambizione dei nazionalisti rivoluzionari, la volontá di combattere e di vincere, noi daremo il segnale di rinascita nazionale della Patria. La storia gloriosa della nostra nazione é sempre stata fondata su una accanita volontá di vivere liberi; restaurando questa tradizione multisecolare noi metteremo fine a questo processo di vero e propio genocidio culturale e biologico che mira a distruggere il nostro popolo e la sua organizzazione, intesa quale entitá coerente ed unita.
La nostra volontá di liberare la nostra nazione si situa in una concezione piú ampia della Storia, concezione che é alla setssa base della nostra battaglia ideologica. Per noi nazionalisti rivoluzionari la storia é fondata sulla competizione dei popoli, i quali agiscono in maniera benefica in vista del mantenimento, in tutti i settori, della loro originalitá; sul piano etnico, culturale, politico etc etc.
Tutto ció che s'oppone a questa originalitá, mira a distruggere il motore stesso della storia...Mai l'uomo avrebbe potuto progredire senza un fondamentale atteggiamento di emulazione, in rapporto ai suoi simili e le lotte tra gruppi, etnici o altri, sia militari sia pacifiche, sono sempre state il vero motore della storia.
L'indipendenza dei gruppi umani s'é codificata, giá da secoli, in un tipo ormai universale, quello dello Stato-nazione. Di contro, i tentativi d'Impero, universali o anche piú limitati nello spazio, sono crollati nel sangue..,. e rappresentano delle vere e proprie "prigioni dei popoli" destinate presto o tardi a implodere...
Lo Stato-nazione, motore della storia, deve essere omogeneo, non su un piano strettamente razziale, ció che l'esperienza storica non é in grado assolutamente di provare, ma su un piano di mutua coesione e cooperazione tra i diversi partecipanti di questo raggruppamento storico...La storia non puó aver senso se la realtá nazionale dei singoli popoli non é preservata. Il colonialismo storico e culturale che noi subiamo mira direttamente a impedire alla nostra nazione di conservare le proprie caratteristiche. Il miglior mezzo di sviluppare le potenzialitá nazionali risiede nel mantenimento della nostra integritá in quanto popolo e fintanto che delle minacce peseranno su quella, questo compito sará il primo per i nazionalisti rivoluzionari... Se la storia é, prima di tutto, libero gioco di competizione tra gruppi organizzati, lo stesso principio della vita umana nasce da questa concezione. Per noi, l'uomo non é capace di progresso se la sua vita non é fondata su due chiari principî : 1) emulazione competitiva cogli altri uomini e 2) cooperazione cogli altri membri del suo gruppo.
L'emulazione, fattore di progresso, dev'essere completato dalla cooperazione, per evitare uno schiacciamento dei deboli da parte di quelli piú forti, La vera funzione dello Stato é d'altronde di compensare le inevitabili diseguaglianze, al fine di mantenere la coesione del gruppo nazionale....".
* * *
Il manifesto termina coll'elencazione e l'esame delle regole che debbono presiedere la costituzione ed il funzionamento d'un movimento politico ispirato all'idea nazional rivoluzionaria.
Gruppi dominanti parassitari, interessi stranieri antinazionali, sradicamento della cultura e dell'originalitá dei popoli, imposizione di modelli estranei alle tradizioni religiose e culturali.
Non sono forse questi dei fenomeni in atto e che hanno subìto, in questi ultimi tempi, un'impressionante accelerazione grazie all'adozione di regole, emesse dagli organismi della UE, del tutto astratte e, quindi, manipolabili ed utilizzabili ad usum delphini ?
Non é forse vero che l'economia europea é stata sottratta alla sfera decisionale dei singoli Stati, che la moneta circolante é stata sottratta al potere d'emissione dei governi, che le legislazioni nazionali sono ormai vincolate a decisioni provenienti dalla superlegislazione comunitaria europea, ostaggio di poteri forti e assai poco visibili?
François Duprat, collo spirito profetico che é di pochi, aveva giá intravisto l'asservimento delle ricchezze, dell'energie, del lavoro del proprio paese ad interessi antinazionali, conseguenza inevitabile della decadenza d'una societá.
La sua chiamata "alle armi" faceva paura e l'hanno tolto di mezzo.
Ma l'eco delle sue parole non s'é spento.

sabato 20 marzo 2010

FRANÇOIS DUPRAT (26 X 1940 - 18 III 1978) - prima parte

Con due giorni di ritardo ricordo la prematura ed improvvisa morte di François Duprat, ucciso il 18 marzo 1978 a Cudebec-en-Caux, in Normandia a seguito dello scoppio d'una bomba collocata nella sua autovettura.
Infame delitto, rimasto impunito.
L'attentato, in cui rimase gravemente ferita anche la moglie, fu rivendicato dal “Commando Souvenir” che nel messaggio dichiarava “Non dimentichiamo Auschwitz”.
Dopo alcune frequentazioni giovanili nell'estrema sinistra Duprat aveva iniziato a scrivere per la “Defense de l'Occident” diretta da Maurice Bardèche e dopo l'esperienza in Jeune Nation, Parti Nationaliste, FEN, (a fianco di Dominique Venner e Alain De Benoist), Occident, GUD, Ordre Nouveau, fu cofondatore del Front National di Le Pen al quale aderì alla testa dei Groupes Nationalistes Révolutionnaires.
Duprat, lucido pensatore e fervente militante dell'idea nazionalrivoluzionaria,
ebbe il merito di prevedere con decenni d'anticipo gli effetti devastanti dell'immigrazione.
Ed il suo il "manifesto nazionalista rivoluzionario" conserva, anche dopo piú di trent'anni, una impressionante attualitá.
Lo riportiamo nei suoi tratti essenziali, e lo dividiamo in piú parti per rendere piú snella la lettura.
* * *
"Il nazionalismo rivoluzionario rappresenta un tentativo di prendersi carico della crisi attuale dell'Europa, sul piano d'una radicale remissione in causa dei valori della societá. Il nazionalismo rivoluzionario propone come nocciolo centrale dell'azione umana l'idea di nazione, concepita come un'unione organica d'elementi che, senza essa, non rappresenterebbero che un aggregazione senza consistenza ed attraversata da tensioni distruttrici...Queste tensioni debbono essere eliminate dallo Stato che é quello del popolo tutto intero. Come possiamo noi definire il popolo in un modo coerente ? Il popolo non puó essere che l'insieme di quelli che contribuiscono allo sviluppo nazionale, ció che esclude i profittatori, i parassiti, i rappresentanti d'interessi stranieri. Quali sono dunque i gruppi sociali che fanno parte della realtá del nostro popolo ?
- gli operai, produttori di base;
- gli agricoltori, piccoli proprietari, fattori o operai agricoli, che formano un gruppo direttamente attaccato alla produzione;
- la piccola borghesia, nella misura in cui partecipa anch'essa alla produzione e dove le sue attivitá di servizio e di distribuzione sono direttamente legate alle necessitá dello sviluppo armonioso degli scambi in seno alla popolazione;
- gli elementi nazionali della borghesia in quanto classe proprietaria d'una buona parte dei mezzi di produzione, ossia tutti i partecipanti attivi alla produzione, a livello di direzione e gestione, nella misura in cui essi formano un settore realmente indipendente da gruppi ed interessi stranieri. Noi dobbiamo insistere sull'aspetto nazionale di questo gruppo sapendo che una parte dei suoi membri sono in realtá legati a forze estranee al nostro popolo...
..Il nazionalismo rivoluzionario considera la Francia come una nazione colonizzata che é urgente decolonizzare. I francesi si credono liberi mentre non sono, in realtá, che dei giocattoli di lobby straniere che li sfruttano grazie alla complicitá di classi dirigenti a cui queste lobby lanciano qualche pezzetto della loro torta...E' evidente che tale situazione di paese colonizzato non é percepita dai nostri compatrioti; una simile cecitá non é che dovuta all'abilitá dei nostri sfruttatori che tengono in mano il controllo dei media e poi, insensibilmente, della nostra cultura nazionale , la cui realtá é deliberatamenmte negata. Attraverso tale metodo diviene assai difficile far comprendere ai francesi ch'essi vivono in un paese il cui popolo non é piú padrone del proprio destino... La coscienza dello status di nazione dominata che é quella della nostra patria rappresenta la prima pietra del nostro edificio dottrinale...Poiché i francesi non sono i veri padroni della loro patria, la tradizionale opposizione fatta dai nazionalisti tra un "buon capitalismo" nazionale ed un "cattivo capitalismo" internazionale non é che un vero e proprio inganno...Il capitalismo é una formula economica che sottintende la schiavitú della nostra nazione...la nazione deve riprendere il controllo della vita economica e, specialmente, dei settori in cui gl'interessi stranieri sono piú potenti. Banche, settori di punta, centri di ricerca e di distribuzione debbono essere ripresi dal popolo francese. Lo pseudo sacrosanto principio della proprietá privata non entra in gioco poiché dei beni illegalmente acquisiti non possono reclamare né rispetto né compensazione...
(1 - segue)

FEMMES PUBLIQUES

Non mi sembra vi sia nulla di scandaloso nella proposta, avanzata dalla Santanché, di permettere l'esercizio della prostituzione nei locali pubblici, ristoranti, night club et similia.
Perché meravigliarsi - dico io - se quel puttanificio che é divenuto il nostro paese estende l'esercizio del pubblico, dico pubblico, meretricio - giá abbondantemente praticato nelle assemblee parlamentari, regionali e comunali, nei consigli d'amministrazione del parastato e delle partecipate, nelle aule di giustizia, nelle direzioni amministrative delle asl, nelle direzioni degl'istituti bancari e assicurativi, nelle redazioni di molti giornali e scusate se ho omesso qualche altro lupanare - anche a livelli accessibili al popolo sovrano.
Il quale anche oggi emette un grido, un pó diverso peró da quello di dolore raccolto da Vittorio Emanuele II nel 1859, perché - O tempora, o mores ! - assomiglia piú ad un muggito d'infoiamento di fronte alle prestazioni erotiche dei suoi massimi rappresentanti politici, alle generose esibizioni di cosce e tette di politichesse, ministre, veline e di altre "maîtresses à penser".
All'invidia sociale di ieri oggi é subentrata l'invidia sessuale.
Se oggi fosse in preda ad un'ansia rivoluzionaria il popolo non assalterebbe piú il palazzo ma la residenza d'Arcore e non per regolare i conti politici ma per poter toccare con mano, e magari "saccheggiare", l'arem del Tiranno.
Il quale, a sua volta, oggi non scapperebbe piú con documenti compromettenti o con valigie piene di dollari, ma con le piú piccanti videocassette di Moana e con l'intera collezione di Penthouse, con destinazione non Washington ma, indovinate dove, l'Avana o Rio de Janeiro.
Insomma perché prendersela tanto con la Santanché !
Non foss'altro perché ha innescato una vera e propria polemica degna d'essere registrata per la profonditá d'argomentazioni che ne sono susseguite.
Alla neosottosegretaria ha infatti risposto la Mussolini, presidente della Commissione per l'Infanzia ed Adolescenza : "no alla mercificazione del corpo della donna", dimenticandosi di quando apparve, come mamma l'aveva fatta, su una rivista erotica, per il piacere degli onanisti degli anni ottanta e, dulcis in fundo, Pia Covre, storica fondatrice del Comitato per i diritti civili delle prostitute che reclama il riconoscimento dello status di lavoratrici per le sue associate.
Le quali, in fin dei conti, in mezzo a tanto farisaismo, son le piú oneste.
Ma anch'io, o lettori, ho una proposta da fare.
Visto che siamo vicini al centocinquantesimo anniversario dell'unitá d'Italia celebriamo degnamente, collo spirito d'oggi, la ricorrenza; modificando la prima strofa del nostro inno: "Bor-de-elli d' I-ta-li-a..."

sabato 13 marzo 2010

DEMOCRATICA MAGISTRATURA

Cosa può c'entrare la Procura della Repubblica di Trani con le asserite pressioni (qualificate giuridicamente come ipotesi di concussione) che mister Berlusconi avrebbe esercitato per determinare i responsabili della Rai a congelare le trasmissioni televisive (tra cui quella di Santoro) durante la campagna elettorale, é una domanda che qualunque persona, minimamente avvertita, dovrebbe porsi.
Una volta che, nell'ambito d'una inchiesta giá precedentemente radicata, é intercettata una telefonata, magari meritevole d'approfondimento, il pubblico ministero dovrebbe inviare il relativo materiale informativo, estraneo all'istruttoria originaria,
alla Procura competente territorialmente ossia quella nel cui territorio si sarebbe svolta l'attivitá asseritamente delittuosa emersa dalle telefonate.
Non s' afferma forse che il presidente del Consiglio avrebbe, con toni perentori, richiesto anzi preteso dal direttore dell'AgCom, l'agenzia delle Comunicazioni, la chiusura del programma di Santoro, "annozero" ?
Ebbene - e a prescindere dal fatto che le telefonate in cui un interlocutore é parlamentare (e Berlusconi lo é) non possono essere né ascoltate né tantomeno utilizzate - codice di procedura alla mano, il pm di Trani avrebbe dovuto trasmettere gli atti all'autoritá giudiziaria competente, che non é certamente la sua visto che il reato si consuma nel luogo in cui la minaccia si concretizza, ossia dove stava fisicamente il preteso concusso al momento in cui riceveva la minaccia.
Cosa che certamente non poteva non risultare dall'attivitá d'intercettazione che é perfettamente in grado d'individuare le utenze utilizzate ed i luoghi da dove partono e dove giungono i messaggi telefonici.
Invece il sostituto procuratore di Trani procede e chiede addirittura al giudice di quel tribunale l'adozione di provvedimenti interdittivi a carico degl'indagati.
Lungi da me difendere Berlusconi e il centrodestra, rospi gracchianti padroni di questo putrido stagno che é divenuto il nostro bel paese.
Ma certa magistratura mostra i segni inequivocabili d'una arroganza non meno fastidiosa e pericolosa di quella non a torto attribuita al cavaliere ed ai suoi servetti.
Non v'é dubbio che Berlusconi sia un filibustiere della politica, che utilizza per mantenere la propria supremazia, infischiandosene delle regole, anzi adattandole alle proprie necessitá; e il recente decreto interpretativo in materia elettorale lo dimostra - così come dimostra l'insipienza dei suoi redattori, incapaci di renderlo utilizzabile a far riammettere la lista pdl a Roma.
Ma almeno lui non fa la vergine, diversamente dai suoi avversari i quali invocano la democrazia ma nulla osservano in merito alle molteplici violazioni del codice di procedura penale del pubblico ministero di Trani il quale meriterebbe, se vivessimo in uno Stato serio, d'essere trasferito in una sezione civile a emettere decreti ingiuntivi e a sentenziare su incidenti stradali di valore non superiore ad euro cinquemila.
Non difendo Berlusconi, che disprezzo, ma quelli che l'attaccano non sono meglio di lui.
S'indignano perché si lamentava di Santoro, della sua faziositá e dei suoi indisponenti programmi;perché invocava la censura e l'epurazione ?
Da che pulpito !
É dal dopoguerra che la sinistra, tutta intera, da quella moderata a quella estrema, da quella catto-comunista a quella massimalista, ha utilizzato ogni mezzo a propria disposizione per colpire, secondo i migliori metodi leninisti, gli avversari politici, criminalizzandoli, emarginandoli, cacciandoli dalla societá civile e, soprattutto, riservando ai suoi fedelissimi i posti migliori, nelle amministrazioni, nel sottobosco politico statale, nelle universitá.
Ed é da lì che proviene quella magistratura che, né piú né meno di Berlusconi, fa strame d'ogni regola, prima ancora che di procedura, di buon senso ed equilibrio.
Alcuni ingenui ci dicono che il comunismo ed i comunisti non esistono piú.
Probabilmente é vero se prendiamo in considerazione il fatto puramente ideologico-dottrinale, quello che faceva leva sulla lotta di classe (che i compagni hanno vinto, anzi stravinto, perché da bravi furbastri - ho detto furbastri, non intelligenti e meritevoli - si sono tutti ben sistemati); ma é una pia illusione se consideriamo la questione partendo dall'approccio leninista alla dialettica politica.
In questa piú metafisica, ma non meno importante, dimensione il comunismo resiste ancora e non si fa scalzare; l'attacco vile e ipocrita, la menzogna, il nascondimento dei fatti, l'utilizzo di mezze veritá, il furore giacobino agitato come una clava roteante al suono di moralistici proclami sono gli stessi metodi che il boia assassino Lenin utilizzava per annientare i propri avversari.
E visto che ci siamo, avete letto la notizia della sentenza, emessa dalla Suprema Corte di Cassazione che ha condannato per diffamazione una persona che, aveva affermato - e tale dichiarazione era stata riportata da un quotidiano - a proposito d'una direttrice d'un istituto penitenziario : "sarebbe meglio una gestione maschile" ?
Tali parole, secondo i giudici della Cassazione "sono oggettivamente diffamatorie, poiché lesive della reputazione della direttrice, trattandosi d'un suggerimento assolutamente gratuito, sganciato dai fatti e che costituisce una mera valutazione...".
Tanti auguri alla libertá d'espressione.
Naturalmente la Carfagna ha cinguettato felice, giudicandolo "un passo verso la tolleranza zero nei confronti delle discriminazioni".
E ció é bello e confortante e ci commuove.
E, scusate l'immodestia, dá ragione al vostro umilissimo che vi ha giá preannunciato come quel principio di "non discriminazione", sancito ossessivamente nelle carte e nei trattati internazionali, sta impadronendosi dei cervelli (non é il caso della Carfagna), ipnotizzando le menti e le residue capacitá intellettive dell'uomo europeo.
E' una droga iniettata a piccole dosi capace di dare assuefazione alla peggiore malattia che da sempre flagella questo piccolo globo disperso nell'universo: la stupiditá.
Ma non é finita, perché si puó instupidire tutto il mondo per qualche tempo o qualche persona per sempre.
Ma non si puó instupidire tutto il mondo per sempre.
Ve lo dice il vostro umile servitore.

venerdì 12 marzo 2010

ACCORATI 2010

CORE ROMANO.
Dopo la mancata ammissione della lista del Pdl alle elezioni regionali
del Lazio, disperazione tra i candidati esclusi dalla corsa per un seggio.
Soldi giá spesi per manifesti e propaganda elettorale andati in fumo.
Commenta uno degli ex candidati: "E' un dramma, ad alcuni cambierá
la vita ".
Giá, toccherá loro lavorare.

CORE AMERICANO
"La Svizzera discrimina i musulmani". Così afferma il Dipartimento di Stato
americano in un documento presentato ieri a Washington dove si sottolinea,
con preoccupazione, che in tutta Europa sta crescendo questo atteggiamento d'intolleranza
contro i praticanti della religione islamica.
Ha ragione Washington. Gli Usa non discriminano i musulmani. Si limitano a bombardarli.

domenica 7 marzo 2010

7 marzo 1956. Alfa Giubelli, la nostra Carlotta Corday

E' nota la storia di Carlotta Corday, la ventiquattrenne francese che il 13 luglio 1793, penetrata nell'abitazione di Marat, immerso nella tinozza per curare una dermatosi infiammatoria che l'assillava e lo rendeva fisicamente piú disgustoso di quanto giá era, gl'infila l'intero pugnale sotto la clavicola per vendicare le persecuzioni giacobine che l'"amico del popolo", un fallito al quale la rivoluzione ed il terrore avevano fornito un buon mestiere, aveva reclamato ed ottenuto contro il partito girondino cui la giovane normanna apparteneva.
Non so dire se la storia si ripeta o no ma talune circostanze, indubbiamente, trovano assonanze spesso prodigiose.
La macelleria giacobina del 1793 - che la mala fede di certi storici chiama pudicamente "eccessi rivoluzionari" - e quella partigiana del 1944/1945 - che la vulgata antifascista riduce a semplici "casi isolati" - s'assomigliarono assai e rivaleggiarono quanto a raffinatezze d'esecuzione; gli annegamenti collettivi nella Loira dei vandeani e gl'infoibamenti titini degl'istriani ubbidivano alle stesse esigenze di sterminio etnico e di sadico compiacimento dei boia anche se i secondi causarono ben piú terribili strazi a chi ebbe la mala sorte di non trovare morte immediata nei traumi della precipitazione negli abissi carsici.
La giovane etá della francese, amante della "liberté" ma girondina perseguitata dal furore sanguinario dei montagnardi l'avvicina in qualche modo alla nostra Alfa Giubelli, ventiduenne nel 1956.
Aveva solo dieci anni quando, nel 1944, arrivó l'ordine del partigiano Aurelio Bussi (nome d'arte "Palmo") di prelevare la madre dalla sua abitazione di Crevacuore, nel biellese, "perché fosse interrogata".
Margherita Ricciotti era moglie di un soldato partito per la guerra e la sua famiglia era sempre stata di sentimenti fascisti.
"Tutti i Ricciotti sono spie - aveva sentenziato "Palmo" - e le spie fasciste vanno eliminate". L'ordine era arrivato dall'alto, da "Gemisto" (alias Francesco Moranino, deputato comunista del dopoguerra la cui grazia da parte del presidente della repubblica Saragat, nel 1965, era stata barattata dal pci in cambio dei voti per la sua elezione).
La donna, che nulla sospettava e pensava di sbrigare la faccenda in poco tempo, s'era portata con sè la figlia ma invece d'essere accompagnata al comando fu portata al cimitero.
Una raffica di mitra sparata da "Palmo", alla presenza della bambina impietrita dal terrore, chiuse rapidamente la pratica.
Altrettanto rapidamente fu archiviata la pratica giudiziaria, quando nel 1953 il pubblico ministero chiese ed ottenne dal giudice istruttore di Vercelli l'archiviazione del caso poiché il fatto andava qualificato come "azione di guerra" e dunque non era punibile.
* * *
Tre anni dopo Alfa, sposatasi giovanissima con un ex maró della Decima Mas, il mattino del 7 marzo, prende dal cassetto la pistola del marito e sale sulla corriera per Crevacuore dove il Bussi, naturalmente insignito di medaglia d'oro per gli atti di valore compiuti nel corso della Resistenza, era nel frattempo divenuto sindaco, eletto nelle file del pci.
Rintracciato l'eroe partigiano a casa della sua convivente , dopo aver pronunciato le parole "sono Alfa Giubelli, la figlia di Margherita Ricciotti", lo fa secco a pistolettate e si costituisce immediatamente alla caserma dei carabinieri.
Al processo Alfa é condannata a cinque anni e tre mesi di reclusione, pena mite che le viene inflitta col riconoscimento del vizio parziale di mente.
C'era un giudice quel giorno.
Ho detto che le vicende hanno qualcosa in comune: il gesto di vendetta d'una donna e il clima di macelleria che le aveva viste, seppur in modi diversi, vittime e le aveva determinate ad un atto di giustizia; e, per mera completezza espositiva, aggiungiamo la presenza, al momento della resa dei conti, delle rispettive conviventi dei due ammazzati , quasi che un destino bizzarro ma attento abbia voluto riservare a queste donne la stessa sorte di chi fu disperato testimone degli atti di macelleria perpetrati dai due figuri.
Ma la comparazione ci fornisce l'occasione per sottolineare anche una fondamentale differenza.
In Francia di terroristico ci fu, seppur per pochi anni, un regime, che fu combattuto faccia a faccia, in campo aperto dagli eroici e tenaci controrivoluzionari vandeani; lì ci fu dunque una serie di guerre civili, frutto di diverse e successive sollevazioni popolari.
In Italia, per un anno e mezzo, dal 1944 a metá del 1945 ci fu una guerra PRIVATA, menata dal partito comunista, che non affrontó mai i suoi avversari in campo aperto ma si limitó ad eseguire atti di terrorismo, prelevamenti di persone (come nel caso della madre della nostra Alfa e di tanti compaesani del mio defunto padre, a Pieve di Cento, spesso scomparsi nel nulla, in puro stile mafioso), agguati, attentati, sperando, e spesso riuscendovi, di scatenare la rappresaglia tedesca per sfruttarla politicamente.
Non fu, quella del 1944-1945, una guerra civile, come quella combattuta in Vandea dopo la sollevazione popolare del 1793 o in Spagna dopo l'Alzamiento guidato da Franco del 1936; qui due eserciti s'affrontarono in una guerra "familiare", seppur accompagnata anche d'episodi repellenti; là il partito comunista s'impegnó in un'attivitá puramente terroristica.
E delle cui conseguenze siamo, ancor oggi, ostaggi.
O non avete forse notato che il pci prima e la sinistra democratica ora sono forti e politicamente ed economicamente radicati proprio nei territori in cui gli assassini partigiani maggiormente operarono ?
E a mó di temporaneo commiato, il vostro umilissimo vi raccomanda caldamente la lettura di un libro fondamentale, "Dalla parte dei vinti" di Pierino Buscaroli (ed.Rizzoli) uno che la storia la conosce e l'ha vissuta in prima persona.
Dimenticavo: Alfa Giubelli é ancora viva.
Che Dio la tenga in salute.

sabato 6 marzo 2010

VESPASIANO ELETTORALE 2010

Il delegato del Pdl alla presentazione delle liste provinciali di Roma, tal Milioni, per giustificare il proprio temporaneo allontanamento dall'aula del tribunale dove la documentazione doveva essere presentata, adduceva la scusa d'essere uscito per mangiarsi un panino. Vera o non vera la storiella, arrivava fuori tempo massimo e si trovava la porta sbarrata in faccia.
Urla, spintoni, insulti, strepiti, ben si puó immaginare cosa puó essere accaduto in quella convulsa situazione che vedeva il povero Milioni tentare di guadagnare l'ingresso dell'aula mentre i suoi avversari politici si stendevano per terra a sbarrargli la strada.
Una scena degna della migliore commedia napoletana; pensate quante carriere di futuri consiglieri regionali stroncate da questa leggerezza, pensate il godimento degli avversari politici ma, soprattutto degli alleati che in forza di quell'esclusione avrebbero potuto contare sul prevedibile aumento di voti alle proprie liste collegate.
Ma a rimediare cotanta ingiustizia e salvare il lieto fine di questa commedia ecco arrivare il governo - e fin qui era prevedibile trattandosi di tutelare una propria candidatura - ma soprattutto il nostro capocomico napoletano, il quale ha naturalmente preteso che il decreto non cambiasse la legge ma si limitasse a fornire un'interpretazione autentica delle regole in vigore.
Ecco allora la grande modifica legislativa, che salverá capra e cavoli, ossia la Polverini e l'osservanza formale delle procedure : " il rispetto dei termini orari di presentazioni delle liste si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste muniti della prescritta documentazione hanno fatto ingresso nei LOCALI del Tribunale o della Corte d'appello ".
Dunque l'orario si considera rispettato non solo quando il delegato si trovi nell'aula predisposta per la raccolta delle presentazioni, com'é sempre avvenuto sinora, ma anche in un qualsiasi locale del tribunale.
Giusto, il principio d'uguaglianza deve trionfare non solo tra gli uomini ma anche fra le stanze. Cosa sono queste discriminazioni ?!?
Ed allora direi, per rendere veramente operativo questo sacrosanto principio democratico, di predisporre un punto di raccolta delle liste anche nei cessi dei palazzi di giustizia.
Mi sembra il locale piú adatto per ospitare i ludi democratici e se a qualcuno scappa durante le lunghe attese... non ha bisogno di uscire dalla stanza; puó benissimo soddisfare sul posto la sua esigenza di democratica evacuazione. E la carta, sempre necessaria dove si eseguono compiti burocratici, lì non manca.

venerdì 5 marzo 2010

NAPOLITANO, UN SINISTRO PRESIDENTE

Commentando i risultati delle recenti elezioni amministrative olandesi, dove
il partito di Wilders (PVV, partito della libertá) ha ottenuto un significativo successo
(oltre il 20 % a l'Aia ed in altre cittá), il presidente Napolitano si é cosè espresso : "quel voto é un segno preoccupante, per quanto si tratti di tendenze fuori dalla storia e fuori dalla realtá. Si pensa di poter tornare al passato, ma é un'anacronistica e pericolosissima illusione. Anche perché é impossibile ignorare ció che é cambiato nella realtá europea".
Il PVV é considerato un partito xenofobo ed il suo fondatore e presidente, Geert Wilders si é spesso distinto per affermazioni pesantemente antiislamiche ed é attualmente sotto processo per aver offeso, in un cortometraggio di sua produzione ed in alcuni suoi proclami, la comunitá musulmana olandese.
Wilders personalmente non mi piace; é il classico calvinista e perbenista che ama gli U.s.a., Israele - che ha definito baluardo dell'Occidente - e parla a vanvera del retaggio "giudaico-cristiano" dell'Europa.
Ha piú volte incontrato, negli ultimi tempi, Olmert e il ministro degli esteri dello stato sionista Avidgor Lieberman e di lui si dice, non senza fondamento, che sia un uomo legato al Mossad.
Ha definito l'Islam una "religione fascista" ed il Corano una sorta di "Mein Kampf"; espressioni che rivelano un demagogo tanto furbastro quanto ignorante e becero.
Ma questo demagogo furbastro, tipico prodotto d'uno stato liberale in avanzato stato di decomposizione (da cui piú di tanto non puó venir fuori...), ha avuto il merito di parlare al cuore ed al ventre della gente che non ne puó piú di vedere la propria terra occupata da stranieri che intendono imporre i propri modelli e beneficiano di aiuti che a loro e soltanto a loro sono concessi.
Chi ha votato Wilders ha dimostrato una capacitá reattiva, ha dato un segnale, ha lanciato un messaggio; non dissimile da quello che gli svizzeri, nel recente referendum anti-minareti, hanno a loro volta espresso.
Puó darsi che si tratti di messaggi grossolani, che vengono dalle viscere e che siano espressione piú che di una rivolta culturale di un conato egoistico e piccolo-borghese.
Ma anche se fosse, chissenefrega, da qualche parte bisogna pur incominciare.
E veniamo al sinistro presidente della repubblichetta.
Il suo sdegno per questo voto non ci deve sorprendere.
Fa il pari col dissenso espresso dal liberal Fini Gianfranco, cui sempre piú assomiglia anche fisicamente (la postura, il tono accigliato e l'atteggiamento di chi crede di dire cose sempre decisive) riguardo all'esito del referendum svizzero.
"Anacronismo, fuori dalla storia" balbetta, sibilante, l'ex comunista forse perché comprende che fuori dalla "storia" - parola quest'ultima sovente utilizzata da chi crede ch'essa sia il suo cagnolino da salotto - ci stanno andando quell'idea d'Europa ideologizzata e burocratica e quei sinceri e democratici "europeisti" che berciano come oche, scandalizzandosi, quando i popoli non votano come loro vorrebbero.
Fuori dalla storia ed anacronistico é anche il Napolitano ex comunista, sinceramente "pendido" , dice lui, di quanto ebbe ad affermare nel 1956 quando lodò i sovietici (a cui i dirigenti del pci andavano a leccare il deretano nelle occasioni in cui si recavano belanti a Mosca a ricevere ordini e soldi) che schiacciavano coi carri armati le ossa e le libertá degli eroici ungheresi; ma che non abbiamo mai sentito pronunciare parole di scusa per quanto affermato nel 1974 allorché Alexander Soljenistsin fu espulso dal paradiso dei proletari.
In un articolo apparso su l'Unitá del 20 febbraio 1974 il signorino, collo stile zelante di chi ha ancora bisogno del suo padrone ma deve dare prova anche d' affidabilitá democratica commenta NON sfavorevolmente l'espulsione dello scrittore dissidente anticomunista Solzhenitsyn e denuncia "il solito polverone propagandistico" per "sfruttare l'occasione per una polemica a buon mercato (CHE VERGOGNA) sull'Urss, sul comunismo e perfino sul Pci " E prosegue: "Nessuno può negare che lo scrittore ... avesse finito per assumere un atteggiamento di «sfida» allo Stato sovietico e alle sue leggi, di totale contrapposizione, anche nella pratica, alle istituzioni, che egli non solo criticava ma si rifiutava ormai di riconoscere in qualsiasi modo (SIC). Non c'è dubbio che questo atteggiamento - al di là delle stesse tesi ideologiche e dei già aberranti giudizi politici (SIC) - di Solzhenitsyn, avesse suscitato larghissima riprovazione nell'Urss (SIC) ".
Ed ecco la scoreggia finale, degna chiusura d'una abituale ingestione di cibi guasti:
" Che questa ormai aperta, estrema «incompatibilità» sia stata sciolta dalle autorità sovietiche non con un'incriminazione di Solzhenitsyn, ma con la sua espulsione (QUALE MAGNANIMITA' ), può essere considerato più o meno «positivo» (CAPITO ? ); qualcuno può giudicarla obiettivamente, come l'ha giudicata, (SENTITE CHE ROBA ) la «soluzione migliore» , senza peraltro sottovalutarne...la natura di grave misura restrittiva dei diritti individuali; ma solo commentatori faziosi e sciocchi (SIC) possono prescindere dal punto di rottura (SIC) cui Solzhenitsyn aveva portato la situazione (SIC) e possono, a proposito dell'esito cui si è giunti, evocare lo spettro dello stalinismo" .
Capito il difensore della democrazia, il garante delle istituzioni cosa scriveva nel 1974 quando non era piú un giovincello esaltato ma un quarantaseienne vaccinato ?
Solzhenitsyn aveva osato sfidare le istituzioni, che non riconosceva ed era giunto così ad un grado d'incompatibilitá !
Allo stesso modo in cui in Svizzera ed in Olanda (ma anche in Austria e presto anche in Francia ed Ungheria), con elezioni liberamente svoltesi, gruppi sempre piú numerosi di europei stanno sfidando quei poteri euroburocratici che vogliono cancellare l'idea d'Europa - l'unica possibile - tracciata dalla nostra religione, dalle nostre culture e dalle nostre tradizioni.
E per questi casi c'é sempre un Napolitano di turno, nel 1956 contro gli ungheresi, nel 1974 contro un grande patriota e grande scrittore e nel 2010 contro sane reazioni identitarie, a sputare veleno.
Ma qui, o cari e pazienti amici, ve lo dico.
Quel veleno strozzerá lui e quelli come lui perché ci sará chi glielo rificcherá in gola. E crepi chi ci vuol male.

lunedì 1 marzo 2010

LA DEMOCRAZIA IN ROTTA

É l'esperto Mannheimer che ce lo dice: crolla la fiducia degl'italiani nelle istituzioni.
A poche dettimane dal voto regionale, il nostro paese é colpito da una profonda sfiducia che non risparmia alcun settore della nostra societá.
Dal mese di dicembre, data dell'ultimo rilievo, la fiducia nella magistratura passa dal 55 al 45%; in Confindustria dal 38 al 34%, il parlamento e i partiti politici crollano, rispettivamente dal 39 al 28% e dal 18 al 12 %.
La scuola passa dal 62 al 52% mentre l'Unione europea cala dal 66 al 56%.
Qualche giorno addietro il vostro umilissimo aveva avanzato qualche riflessione, facile ma inevitabile, sul declino del senso civico degl'italiani, ricollegandolo al quadro miserrimo d'una classe politica di furbetti e insipienti, pronti al maneggio ed alla corruzione.
I risultati, evidentemente, non sono frutto del caso o di qualche cambiamento climatico.
La condotta del nostro popolo riflette, in basso, ció che i suoi rappresentanti esprimono dall'alto. Ed é vana illusione sperare che un sussulto di civismo, di senso del dovere, di austero disinteresse possano impadronirsi d'una cittadinanza che della furbizia e del tornaconto ha fatto i suoi criteri di stile e di vita.
Il mio pessimismo si ferma peró alla capacitá autoregolamentatrice degl'italiani, non alla possibilitá che, proprio in mezzo a noi, possa sorgere un gruppo di persone che - una volta ogni dieci/dodici generazioni il caso ricorre - si erga dalla massa e si faccia elite, donando esempi e riportando ordine e forma.
Ma per l'intanto siamo in mezzo al caos.
A Roma e a Milano, due listini di centrodestra in appoggio alle candidature della Polverini e di Formigoni vengono bocciati dalle commissioni elettorali per vizi che paiono evidenti nella loro insanabilitá. ma che, al tempo stesso, rivelano la terribile capacitá della burocrazia di divenire, oggi in questo mondo invertito - dai gusti sessuali a quelli artistici, dalla politica all'economia - arbitra delle cose umane.
Lungi da chi scrive perorare la causa della candidata laziale del pdl ma, effettivamente, un'elezione priva del maggior raggruppamento partitico italiano perde gran parte del suo significato.
Ma é proprio partendo da queste banali considerazioni che si riescono ad intravedere, in questi e altri casi consimili, importanti sintomi della malattia incurabile di questo sistema; che sta pian piano ritorcendosi su sé stesso, affogandosi in quella burocrazia che, paradossalmente, é la sua stessa linfa vitale ma che, al contempo si sta trasformando nel suo prelibato veleno.
É in fin dei conti un problema di elite.
Che in Europa - ma soprattutto in Italia - rivelano la loro impressionante mediocritá, quando va bene, o la loro arroganza nei casi peggiori e piú ricorrenti.
Traggo un passo da un libro giá da me precedentemente citato "Chronique du choc des civilisations" di Aymeric Chauprade; questi osserva come nei gruppi animali piú socialmente evoluti, scimmie e lupi, esistono per tutti necessitá d'ordine fisiologico, ossia nutrizione e riproduzione ma i capi-branco o i capi-gruppo, in piú, si danno (rectius, l'istinto dá loro, ma il senso non cambia) compiti d'ordine superiore: stabilimento della gerarchia e difesa del territorio.
Questi compiti, certamente onerosi, li distinguono peró dal resto della massa e conferiscono loro diritti (per esempio alla scelta della femmina, alla precedenza nel pasto) che sono il riflesso dell'assunzione di corrispettivi doveri, quali quelli di essere in prima fila nei combattimenti, di dimostrarsi piú forti e d'essere pronti a dare la propria vita per la difesa di tutti gli altri.
L'assunzione di compiti di responsabilitá e la consapevolezza d'adempiere ad un compito superiore, che s'astragga dal soddisfacimento d'un bisogno immediato, che assurga ad un livello quasi spirituale, é ció che distingue il capo dalla massa. E l'esempio degli animali ben s'adatta anche ai gruppi umani.
Oggi, i governanti occidentali sono appiattiti sulle stesse necessitá materiali che costituiscono il modo d'essere della maggioranza; non interessa ad essi il rispetto dei cittadini, anzi pretendono di mostrarsi "come uno di loro" (facendosi ritrarre mentre accompagnano il cane a pisciare o mentre, armati d'un sorriso ebete, sono intenti a cuocere le pappardelle o facendosi vedere in compagnia di baldracche, qualche volta pure sposandole) accontentandosi d'un distacco solo "quantitativo" (il livello di vita materiale) non "qualitativo" (il modo di vita) e, godendo della complessitá d'un sistema che s'é diviso in migliaia di postriboli per meglio comodamente esercitare i propri meretrici, attuando a favore di sé stessi una vera e propria de-responsabilizzazione.
Ed é questo sistema - democratico, oligarchico, burocratico e deresponsabilizzato - che sta portando la nostra civiltá sempre piú in basso, sull'orlo del baratro. Dove peró, a Dio piacendo, non sprofonderá, il vostro umilissimo ne é sicuro e ve lo giura.
p.s.
Sarebbe il momento per i movimenti che sinceramente - e giustamente - vogliono combattere questo sistema di svolgere qualche riflessione sul proprio modo di agire e di rapportarsi alla crisi attuale del sistema. Invece di inseguire una squalificata classe politica nelle sue smanie elettoralistiche, plebee e presenzialistiche, meglio sarebbe fermarsi, fare un bel respiro ed allenarsi ad usare un pó di lungimiranza.
In un sistema dove tutti corrono freneticamente verso il nulla, chi é capace di stare fermo mantenendo la calma non solo non sbaglia ma acquista consenso e credito, soprattutto tra coloro che non hanno ancora perso la testa.