venerdì 31 dicembre 2010

BARZELLETTA PER BARZELLETTA

La cronaca a suo tempo c'informò che in occasione del suo ultimo viaggio in Brasile Silvietto nostro, forse eccitato dal clima, si esibì nel raccontare alcune barzellette un po' boccaccesche salvo poi, una volta ricompostosi, sollecitare il presidente Lula per assicurarsi l'estradizione di Battisti.
Sappiamo com'è andata a finire, Battisti, come Lollo (che a differenza del primo poteva però eccepire la prescrizione della pena) non sarà riportato in Italia.
Non scomodiamo però, in tutto questo, il diritto e lo status di "condannato politico" poichè Battisti non può godere di tale attribuzione; due, tra i diversi omicidi che gli costarono complessivamente due ergastoli, riguardano fatti di sangue che di "politico" non hanno proprio nulla; si trattò di vendette postume consumate ai danni di persone che , precedentemente, avevano osato reagire a tentativi di rapine perpetrati da Battisti e dalla sua banda; vendette eseguite in perfetto stile mafioso.
Essendo il delitto politico (quello che secondo le convenzioni internazionali generalmente accettate giustifica il diniego dell'estradizione) quello determinato "in tutto o in parte da motivi politici" (sicchè anche un reato comune, per esempio una rapina per autofinanziamento, rientra in questa accezione), evidentemente la causale dell'azione gioca un ruolo fondamentale nell'attribuzione di quella qualifica.
E non si vede come la volontàa di vendetta postuma contro persone "comuni" che agirono in stato di legittima difesa per difendersi da tentativi di rapina possa rientrare nello schema del "delitto politico".
Ed infatti non è il riconoscimento di questa circostanza che ha legittimato il rifiuto.
Nel trattato d'estradizione tra Italia e Brasile è stabilito, come ultima clausola di riserva d'un possibile diniego, il pericolo che l'estradando nell'esecuzione della pena nel paese richiedente, possa essere sottoposto a persecuzione per motivi razziali, religiosi, politici.
E' su questa base, e non sulla (inesistente) "politicità" dei delitti che s'è giocata la partita di Battisti.
E' tutta da ridere. Quali persecuzioni ulteriori potrebbe mai rischiare nell'esecuzione della pena?
I fondamenti della decisione brasiliana sono una barzelletta.
E' evidente allora che il "diritto" in tutto questo non c'entra nulla, perchè s'è trattato d'una partita giocata coi dadi di ferro della politica e dove l'Italia ha perduto, dimostrando tutta la sua pochezza. Ma c'è forse da meravigliarsi?
Quale immagine può mai offrire quanto a serietà e determinazione una nazione rappresentata da un barzellettiere da bar come Berlusconi? Chi mai potrebbe prendere sul serio un comico?
La forma è sostanza: l'abito fa il monaco, il soldato ed anche il buffone.
Ed è proprio davanti a questa ultima figura che il presidente Lula ha capito di trovarsi: pensate allora quale peso può aver dato alle sue richieste.
E' una chiave di lettura paradossale? Certamente sì, ma attraverso il paradosso si può giungere alla verità.
Che è questa: chi di barzelletta ferisce, di barzelletta perisce.

martedì 19 ottobre 2010

IL GRANDE FRATELLASTRO

Siamo stati lungamente avvertiti dalle pubblicitá di Canale 5 che il "Grande Fratello" stava per inaugurare, ieri sera, la sua undicesima edizione.
E giù tutti a fremere di disgusto e d'insofferenza, tutti a criticare questo programma inutile, sciocco, diseducativo etc etc...
Peccato che il "Grande Fratello", anzi chiamiamolo il "Grande Fratellastro", per non far plagio dell'originale, sia in onda tutti i giorni dell'anno su tutti i canali.
Non é forse stata una degna anticipazione del reality oggi piú seguito su tutti le reti tv - il caso Sarah Scazzi - la puntata di "Chi l'ha visto?" del 7 ottobre quando, in diretta, una telecamera piazzata nella casa dei parenti della ragazzina seguiva le reazioni e i commenti dei suoi familiari alla notizia del ritrovamento del corpo e della confessione dello zio ?
Che differenza trovate fra la telecamera che immortala le stupidaggini dei sedici beoti del format di Mediaset e la telecamera che segue, sia in diretta sia in differita, i protagonisti della tragedia di Avetrana?
E non mi si dica che "poverina la madre di Sarah..." o "che dramma anche la figlia di zio Michele..." !
Non mi fanno pena, nessuna delle due. Non mi fa pena chi accetta di andare in televisione, non giá per mandare in onda un appello nella speranza che qualcuno l'aiuti - il che sarebbe comprensibile - bensì accettando di far sfoggio del proprio dolore o di fare dei propri sentimenti materia di pubblico spettacolo.
E non si dica neppure che queste persone sono "vittime" d'un meccanismo che approfitta delle loro debolezze per meglio "vendere", in una battaglia condotta a colpi di share, la tragedia che han subíto.
Disgusto certamente mi provocano i teleimbonitori che sull'altrui disgrazie imbastiscono programmi e si costruiscono successi giornalistici; ma un giudizio non tanto diverso - io personalmente - do a chi accetta di vendere, peggio d'una prostituta, la propria coscienza mettendola in piazza e svelando in tal modo le propri emozioni, i propri dolori, la propria intimitá al bavoso teleutente.
Il quale, a sua volta, si gode morbosamente tutti i particolari della teletragedia colla stessa curiositá che susciterebbe la visione d'uno spettacolo porno; é il particolare che fa il quadro - si dice - e piú che nella tragicitá del fatto (l'unico lato umanamente condivisibile che dovrebbe far riflettere sul senso ultimo della nostra vita e dare, quello sì, ammonimento sulle conseguenze dei nostri gesti e dei nostri pensieri) l'interesse si concentra sui particolari che, naturalmente, vengono via via sciorinati per la maggior gloria dei teleimbonitori e la maggior libidine dei telecretini: lo zio che piange, i diari della ragazzina, lo scempio del cadavere, le interviste ai "protagonisti" etc etc
Un quadro, dunque, desolante.
E tutto questo lo si gabella come "diritto/dovere d'informazione", espressione di "libertá".
Ma l'informazione, dico io, é espressione di "libertá" quando é corretta ed utile.
La morbosa e bavosa curiositá é un fatto socialmente tutelabile ?
Il "diritto/dovere d'informazione" ricomprende anche la spettacolarizzazione dei particolari osceni, delle miserie umane, degli aspetti, profondi o abissali che siano, della nostra coscienza ?
La risposta é no.
Ed il fascismo s'era data la stessa risposta, limitando la pubblicazione della cronaca nera solo allo stretto indispensabile.
Da buon padre.
Mentre questa democrazia é solo un "grande fratellastro", pornocrate ed abbruttente.

sabato 25 settembre 2010

E' L'ITALIA, BELLEZZA.

Ho le mie idee su quanto è accaduto intorno all'appartamento del Principato di Monaco. Solo gli ingenui e i furbi possono pensare che un immobile situato in uno dei luoghi piú costosi del mondo, per quanto bisognoso di ristrutturazioni e riparazioni, meritI la stessa valutazione d'un qualsiasi alloggio d'una media cittá italiana.
Il valore di quei locali era, sicuramente, tre volte piú alto.
E fa sorridere ció che il signor Fini ha dichiarato nella sua comparsata audiovisiva diffusa oggi su internet : "Se risulterá che Giancarlo Tulliani é il proprietario dell'immobile io mi dimetteró da presidente della camera" .
Fa sorridere perché sicuramente il fratello della sua compagna non é formalmente "proprietario" dell'appartamento.
Chi conosce come funzionano le off-shore e le procedure di acquisizione ed imputazione dei beni a queste intestati sa che, normalmente, quando si vuole mascherare un acquisto si utilizza una societá, di diritto inglese, situata in qualche isoletta tropicale e ci si muove così: 1) il venditore cede il bene ad una societá off-shore, magari costituita ad hoc per l'operazione; 2) le azioni della societá (di capitali, a responsabilitá limitata,la classica limited - ltd - anglosassone), sempre "al portatore" (così da poter essere facilmente occultate o scambiate) cioè di appartenenza a chi materialmente le ha in cassaforte nel frattempo sono pervenute in proprietá di un "trustee", ossia una persona che esercita formalmente il diritto di proprietá e le prerogative a quello connesse su indicazione di chi il "trust" (ossia una forma giuridica sconosciuta al diritto romano ma tipica della tradizione giuridica anglosassone conosciuta come "equity") ha creato e che ovviamente é il vero dominus dell'operazione ed è anche colui che ha versato il capitale per l'acquisto dell'immobile; 3) l'istitutore/creatore del trust é legato al "trustee" da un rapporto contrattuale in forza del quale il primo ha il diritto di richiedere al secondo, che ha l'obbligo di eseguire, tutte l'indicazioni ch'egli ritiene utili per il godimento della proprietá (pur non giuridicamente sua), tra cui anche nominare il beneficiario o i beneficiari del bene (tra i quali ben puó comparire lo stesso istitutore) ossia chi potrá goderne il possesso ed incassare il ricavo nel caso di vendita o affitto.
Giancarlo Tulliani, guarda caso, abitava nell'appartamento. Ma non necessariamente in qualitá di proprietario delle azioni bensì in qualitá di "beneficiario" del trust possessore/proprietario delle azioni della societá off-shore che ha acquistato l'immobile. Se un domani egli intenderá vendere l'appartamento, potrá fornire indicazioni in tal senso al "trustee" che eseguirá, in suo nome s'intende, l'operazione versando il ricavato al beneficiario o acquistando, sempre colle stesse modalitá, altri beni, in ogni caso eseguendo le disposizioni dell'istitutore del trust.
Ma giuridicamente parlando il proprietario é il "trustee" e non chi gode effettivamente del bene.
Questa alienazione tra proprietá giuruidica e godimento pieno del bene é il frutto di un sistema legale che nasce dalle menti d'un paese di filibustieri come l'Inghilterra; pirati marittimi un tempo, pirati finanziari oggi.
Dunque, quando il signor Fini mette la propria testa sotto la spada di Damocle, sa perfettamente che il filo che la regge non é il crine d'un cavallo ma un vero e proprio canapo, di quelli usati per l'ormeggio dei transatlantici.
L'ingombrante "cognato" non é, giuridicamente parlando, il proprietario.
Ma c'é altro che preme dire: "l'affaire Montecarlo" nasce certamente da un'operazione di killeraggio politico, ció che non mi rende, sia chiaro, solidale col sig.Fini né cancella lo squallore dell'operazione di basso nepotismo che il presidente della camera ha autorizzato o quantomeno tollerato.
E' manifesta la successione cronologica tra la ribellione dell'ex leader di an e le prime sortite giornalistiche sull'appartamento monegasco; se poi si pone mente al fatto che le testate che hanno sollevato il caso sono legate a Berlusconi, ogni dubbio in proposito appare francamente ridicolo.
Peró sono sicuro che il presidente del consiglio dei ministri ha fatto male i suoi calcoli.
Questa operazione, infatti, si ritorcerà contro di lui e, paradossalmente, compatterá simpatie e voti attorno al suo avversario; vittima di un complotto, di un attacco strumentale, dell'arroganza del premier; vittima della sua volontá di dissentire dalla linea imposta da Berlusconi. Ecco ció che penseranno, non del tutto a sproposito, molti.
Singolare poi che Berlusconi non abbia tenuta a mente la lezione che altri suoi avversari hanno in passato dovuto a loro spese imparare; l'attacco mediatico, anche giudiziario (ed indipendentemente dal suo fondamento reale) finisce per ritorcersi contro chi l'ha condotto o, comunque, a far acquisire solidarietá a chi l'ha subìto.
Piú lo si attaccava - ricordate ? piú il presidente del consiglio acquisiva consensi e simpatie.
L'italiano medio oggi, abituato da decenni agli scandali d'ogni tipo, al malaffare generalizzato, alle mazzette e ai comportamenti opachi di ministri e deputati fa finta d'indignarsi ma finisce poi per parteggiare contro chi é accusato; nel gioco di guardie e ladri tifa per i ladri, tra il buon padre di famiglia e il puttaniere strizza l'occhio al secondo, tra l'obbedienza alle regole e la trasgressione preferisce quest'ultima, tra il furbo e l'ingenuo sbeffeggia il secondo invidiando il primo.
Ricordo che negli anni settanta, quando l'intero vertice del partito socialdemocratico fu pesantemente coinvolto in un enorme scandalo (le carceri d'oro), alle elezioni successive lo stesso partito guadagnó dei voti.
Incredibile ma vero. Dunque, di che meravigliarsi?
Ed allora, a chiusura di queste mie sconclusionate considerazioni voglio dirvi che ció che ha scritto, a chiusura del suo editoriale di oggi sul Corriere della Sera, il giornalista Pierluigi Battista "La soglia della decenza é stata oltrepassata....Per quanto malandata, l'Italia non merita un trattamento simile" é una pietosa ipocrisia.
L'Italia é quella che vediamo descritta nei giornali e a questi "trattamenti" é ampiamente vaccinata. La squallida e furbesca vicenda di Montecarlo e l'altrettanto squallido e furbesco tentativo di sfruttarla politicamente rappresentano, riflettono, SONO l'Italia.
O perlomeno la sua grande maggioranza.
Spiacente constatarlo ma é così.

venerdì 24 settembre 2010

22 SETTEMBRE 1792 EQUINOZIO REPUBBLICANO E MASSONICO

E' proprio in questa data che la Rivoluzione francese abbatté, con un voto largamente influenzato da brogli e violenze, il piú antico regno d'Europa.
Il voto della Convenzione fu preceduto dalle elezioni legislative in una nazione che, a stragrande maggioranza non voleva la fine della monarchia ma una sua riforma in senso costituzionale e anticentralista.
Scriveva Danton "E' a Parigi che occorre mantenersi con tutti i mezzi. I repubblicani sono una minoranza infima e, per combattere, non possiamo che contare su di essi; il resto della Francia è attaccato alla monarchia. Occorre impaurire i monarchici".
Ci pensò una minoranza attiva e violenta ad esaudire tali propositi.
L'occasione di rovesciare uno Stato che necessitava solo di qualche cambiamento che Luigi XVI aveva chiaramente mostrato di voler concedere fu colta al momento dell'elezione dei rappresentanti della Convenzione.
Parigi fu tenuta sotto scacco dalle bande giacobine che proprio il giorno 2 di settembre compirono una serie di massacri inauditi.
Le prigioni di Parigi, dove si trovavano detenuti simpatizzanti del Re, guardie svizzere scampate al precedente massacro delle Tuileries del 10 agosto e sacerdoti refrattari (coloro che non avevano prestato il giuramento,scismatico, di fedeltá alla costituzione civile del clero del 1790), furono attaccate dalla folla.
Nessuno fu risparmiato: detenuti comuni, aristocratici, sacerdoti furono trucidati mentre le autoritá assistevano passivamente alle stragi; non furono neppure risparmiati bambini ed adolescenti, fatti a pezzi nella fortezza di Bicêtre; centocinquanta sacerdoti furono sommariamente processati e uccisi in un convento di Carmelitani.
Soltanto i partigiani nel 1945, a Schio , Ferrara, Vercelli, Carpi ed in altri luoghi di detenzione dov'erano custoditi militari della Repubblica Sociale, riuscirono ad eguagliare, almeno quanto a volontá omicida, le raffinatezze rivoluzionarie.
Un migliaio di persone furono barbaramente trucidate; il giorno successivo, 3 settembre la Comune di Parigi con una circolare inviata a tutti i comuni di Francia difendeva queste stragi come la giusta reazione popolare ad un complotto contro la nazione invitando gli altri dipartimenti ad "accorrere al nostro soccorso", ossia ad eliminare i "feroci cospiratori".
Tale il clima che accompagnò l'elezioni del mese di settembre; mentre si favorì l'accesso al voto degli strati della popolazione piú favorevoli ai giacobini, se ne vietò l'esercizio alle assemblee elettorali favorevoli alla monarchia; altre assemblee furono costrette a votare a scrutinio palese in aule gremite da sanculotti armati.
In tal modo la volontá di qualche migliaio di giacobini s'impose su 700.000 parigini; ed anche in altri dipartimenti fu instaurato l'appello nominale sotto la pressione di commissari venuti da Parigi e si rifiutó il diritto di voto a persone sospettate di idee monarchiche.
Si contó che su 7 milioni d'iscritti al voto soltanto 600.000 aventi diritto l'espressero.
Ai brogli elettorali seguí un altro imbroglio ossia la procedura che portó al decreto di abolizione della monarchia votato da una Convenzione riunitasi in una sala gremita di folla urlante. Dei 749 componenti non votarono piú di 300; molti altri, eletti nell'ampio territorio francese arrivarono a cose fatte. La repubblica fu decretata da un'assemblea composta al piú dai due quinti dei suoi membri. Il timore di non riuscire a sostituire un governo monarchico costituzionale con un governo repubblicano ove la totalitá dei deputati avesse preso parte alla votazione, spinse quella minoranza ad adottare urgentemente quella risoluzione.
Il 21 settembre s'udirono, tra gli oratori della Convenzione, simili affermazioni: "Tutte le dinastie non sono state che delle razze divoranti che vivevano di carne umana" oppure "I re sono nell'ordine morale ció che i mostri sono nell'ordine fisico; le corti sono il laboratorio del crimine e la tana dei tiranni".
Di fronte all'acclamazioni della plebaglia armata e schiumante di rabbia nessuno ebbe il coraggio di opporre resistenze. E fu così che dopo un breve voto la Convenzione decretò all'unanimitá l'abolizione della monarchia inserendo il giorno dopo, 22 settembre, attraverso una rettifica del processo verbale del giorno precedente, il termine "Repubblica".
Che fu proclamata da un numero minoritario di deputati, intimoriti dal clima di esaltazione e di minaccia, senza neppur attendere che l'assemblea fosse riunita al completo.
Ma la caduta della Monarchia non poteva fermarsi al solo fatto formale; non bastava, occorreva uccidere il padre, occorreva "la morte di Luigi XVI affinché la nazione viva", come auspicava (ma i suoi auspici sibilanti valevano come ordini indiscutibili) Robespierre. Ed uccidendo il padre si uccideva non solo la Monarchia ma tutto l'ordine millenario di cui il Re di Francia era la chiave di volta. Protettore consacrato della Chiesa, rappresentante di Cristo sulla terra, la sua uccisione mirava a distruggere il legame tra il Re - e dunque Cristo e la Chiesa - e la Francia e, conseguentemente, a distruggere un'intera civiltá che s'era lentamente sviluppata in Europa occidentale. Al suo posto s'instaurava una visione del mondo profondamente secolarizzata, mettendo al posto della Sovranitá (divina) la natura piuttosto che una divinitá rivelata.
Lo spirito anticattolico mostró una sua originale espressione il 10 settembre 1793 quando nel suo "Rapporto sull'Era della Repubblica" presentato alla Convenzione, l'astronomo Gilbert Romme, affiliato alla Loggia delle Nove Sorelle, propose il calendario repubblicano, di chiara ispirazione massonica.
Schernendo l'era cristiana, descritta come l'era della "crudeltá" e della "schiavitú" e rinnegando ila tradizione cristiana, il progetto rivalutava le tradizioni ancestrali degli egiziani e dei babilonesi; notava Romme che "quando la Repubblica era stata proclamata il 22 settembre 1792, alle ore 9, 18 minuti e 30 secondi del mattino, il sole era giunto al reale equinozio, entrando nel segno della bilancia" commentando "che l'uguaglianza del giorno e della notte era affermata dal cielo al momento stesso in cui l'uguaglianza civile e morale era proclamata dai rappresentanti del popolo francese come il fondamento sacro del suo nuovo governo. Così il sole è passato da un emisfero all'altro lo stesso giorno in cui il popolo, trionfando contro l'oppressione regale é passato dal governo monarchico a quello repubblicano".
La rivoluzione fu così concepita come un ritorno alle origini pagane.
Ed il caos s'impadronì dei reggitori della Repubblica. Chiese bruciate e razziate, monumenti distrutti, tutti i segni del passato cancellati; il tutto condito da misure volte a dissuadere il popolo dall'antica pratica religiosa fino al culmine della proclamazione, col decreto di Robespierre del 7 maggio 1794, del culto massonico dell'Essere Supremo, fondatore della nuova religione civica.
Ed é in questo clima di sordida, feroce, belluina oppressione anticattolica e antimonarchica che si innestó la rivolta di Vandea; ma questa é un'altra storia.
Rembarre !

martedì 21 settembre 2010

DALLA CULLA ALLA TOMBA. ANZI SOLO LA TOMBA.

Il successo elettorale dei Democratici Svedesi, il partito che si caratterizza per una forte protesta anti immigratoria, suscita alcune riflessioni.
La prima é che quest'affermazione giunge in un paese che ha sempre goduto d'una indiscutibile stabilitá sociale, grazie alla presenza d'uno Stato che, secondo una nota definizione, ha provveduto alla vita del cittadino "dalla culla alla tomba"; l'ondata immigratoria che ha portato nel paese scandinavo quasi due milioni di persone (senza contare altre centinaia di migliaia di clandestini) di contro ad una popolazione di nove milioni ha evidentemente messo sotto scacco quel sistema, provocando la caduta del governo socialista, ininterrottamente al potere da cent'anni. Anche la socialitá ha dunque i suoi limiti fisiologici e la mammella dell'intervento pubblico non é inesauribile; e resta comunque a vedere chi debbono essere i figli da allattare, quelli che hanno edificato lo Stato ovvero i nuovi venuti. E su questo dilemma bisognerá che qualcuno, in tutta Europa, cominci a stabilire delle regole e, soprattutto, delle prioritá. E da ora.
Una seconda riflessione é di natura semantica.
Alcuni giornali hanno virgolettato l'espressione "democratici" riferita al partito di Jimmie Akesson, in tono evidentemente sarcastico, sottolinenadone la natura "xenofoba" e, quindi, ben poco "democratica".
Ma cos'é democratico e cosa non lo é? Se si consulta un manuale di diritto costituzionale si apprende che la democrazia é nulla piú che una forma di governo, ossia un metodo di raccolta del consenso attraverso un' elezione, a suffragio universale, dei rappresentanti i quali, muniti di quel mandato popolare, provvederanno a governare.
Dunque democratico dovrebbe essere, a rigore, chi accetta quel metodo e gli esiti che scaturiscono dal suffragio popolare indipendentemente dalle sue convinzioni ideologiche, etniche, sociali o religiose. La sua coscienza e la sua cultura nulla hanno a che vedere col calcolo statistico delle preferenze.
E qui pongo una bella domanda.
Quid iuris se gli elettori, a maggioranza, incaricassero i propri rappresentanti eletti di sciogliere le camere e le altre istituzioni costituzionali per costituire, che ne so, un direttorio con poteri assoluti ed illimitati per uno, due, cinque, dieci anni ?
Cosa dovrebbero, democraticamente fare, gli eletti ? In ossequio al principio della rappresentanza democratica essi dovrebbero eseguire il mandato conferito loro secondo le indicazioni e nei limiti ricevuti.
In caso contrario il principio del "governo del popolo", che ha democraticamente scelto, sarebbe eluso, sbeffeggiato, violato.
Peró tutto ció sarebbe ritenuto (dagli attuali "democratici") "antidemocratico" per la semplice ragione che il sistema democratico, da "codice di procedura consensuale" é andato riempendosi di contenuto ideologico impregnandosi dei principi liberali che, a loro volta, curioso paradosso, ben potrebbero esistere - e sono infatti esistiti - anche in paesi e regimi a limitate garanzie democratiche (con suffragio limitato, per esempio).
Ed ecco allora sorgere la raffinata sintesi "liberal-democratica" : il popolo può scegliere (democraticamente) ma nel cerchio delle opzioni che i signori del danaro dell'economia (liberali, cioé generosi fra loro, perché si spartiscono il mercato della mandria popolare allo stesso modo in cui si assegnano, pro quota, banche e fette di mercato) indicano.
E con sbarramenti, limitazioni, ostacoli che, di fatto, consentono alle formazioni "liberali" (conservatrici o riformiste che siano) di gestire la maggioranza di potere o l'opposizione politica.
Ed ogni volta in cui appare qualche formazione antisistema - tradizionalista, fascista, nazionalista, comunque non controllabile - succede che la si attacca per la sua "antidemocraticitá", anche se partecipa regolarmente alle elezioni, accetta il sistema costituzionale vigente; e si tenta di metterla in condizione di non poter crescere, isolandola o criminalizzandola, fino ad inventare leggi elettorali che non le consentano di eleggere rappresentanti in parlamento.
Lì nell'angolino a non dare troppo fastidio. Ciò che dimostra, se ve ne fosse bisogno, la natura totalitaria del sistema liberale.
La defigurazione, per mezzo dell'ideologizzazione del concetto, del termine "democrazia" é dunque utilizzato per criminalizzare le opposizioni non gradite, quelle capaci di sparigliare le carte in tavola, di opporsi a quella sorta di stucchevole bipolarismo, liberali di destra/liberali di sinistra, che solo puó garantire ai signori del danaro di continuare a fare i comodi propri sulla pelle degli altri uomini.
Gli svedesi - così come francesi, inglesi, austriaci, bulgari, ungheresi per non citare che i casi piú importanti - hanno, dunque anche loro, iniziato a sottrarsi a quel meccanismo totalizzante che, come tutte le costruzioni umane, é destinato a logorarsi per naturale consunzione.
Invasi da una massa allogena pari al 20% (almeno) della popolazione, anche i compassati svedesi hanno iniziato a capire che il sistema che per anni avevano votato e che aveva loro garantito per anni "la culla e la tomba" avrebbe finito per riservare agli immigrati la prima e a loro solo la seconda.
La stessa sorte destinata agli altri europei. Ma piú buio che a mezzanotte non é e l'aurora puó ben sorgere in Scandinavia !

giovedì 9 settembre 2010

BAGASCIOPAPPONFROCIOMACHIA

Ma che c'è poi da meravigliarsi ? Le parole pronunciate dalla deputata finiana Angela Napoli secondo cui "una donna, per avere una determinata posizione in lista (leggasi, per aver concrete speranze d'elezione) é spesso costretta anche a prostituirsi o comunque ad assecondare quelle che sono le volontá politiche del padrone di turno" hanno fatto gridare allo scandalo le parlamentari, soprattutto quelle - chissá perché ! - del pidielle. Le quali, si sa, sono tutte persone note nel mondo della cultura, dell'arte, della scienza e delle professioni e dunque chiamate agli alti scranni per meriti politici. Alle parole della deputata finiana han reagito annunci di querele, digrignar di denti, richieste di scuse. Alle quali ultime s'associa il signor Fini il quale nulla certo puó temere, quanto alla reputazione della signora Tulliani, dalle considerazioni della signora Napoli; la sua compagna non é certamente sospettabile d'essersi prostituita per ottenere un seggio parlamentare; i Gaucci infatti non si sono mai dati alla politica e la nuova famiglia acquisita del signor Fini sta alla rai-tv per conclamati meriti artistici, culturali, imprenditoriali. Allora, probabilmente, si é sentito chiamato in causa lui. Ma non ne ha motivo e spiego subito perché. La "buona battaglia" del presidente della camera ed ex presidente di an, motivo per cui una nobildonna tanto generosa quanto ingenua (le due parole tradiscono una comune radice etimologica perché esprimono un medesimo atteggiamento, quello dell'elevatezza d'animo, l'appartenenza alla "gens" d'antica romana memoria aliena alle basse furberie della plebe) gli donó, in quanto esponente della destra nazionale, alcuni beni immobili, si é dissolta nelle paludi del doppiogiochismo, della doppia morale , del voltagabbanesimo. In una parola, del peggior opportunismo politico in forza del quale ció che si é detto ieri puó non valere oggi e le promesse ed i proclami impegnano soltanto chi li riceve ma non chi li pronuncia. “Ho registrato la volontà collaborativa di molti camerati, giovani e meno giovani… Cercheremo di attualizzare il nostro sogno, dimostrando che nel fascismo ci sono elementi validissimi per la società italiana… Nessuno può concepire il fascismo come un inferno calato sull’Italia” diceva il 15-12-1987. “…Il fascismo aveva intuito che l’uomo è al centro del divenire e non può essere assoggettato a logiche materialiste. Il fascismo aveva anche capito che Stato e Nazione non possono essere separati e che i problemi del mondo del lavoro non si risolvono con il capitalismo né con il comunismo. Sono ricette valide anche per l’Italia di oggi. Questo è il fascismo dell’anno 2000” diceva il 18-12-1987. Queste parole furono elaborate e uscirono dalle stesse corde vocali, dallo stesso cervello, dallo stesso cavo orale di chi, successivamente, inizió ad auspicare il voto e la cittadinanza agl'immigrati, il testamento biologico, i diritti matrimoniali alle coppie omosessuali e, in un conato di ridicolo quanto nauseante basso opportunismo, giunse ad affermare, kippah sulla sua testa e aria contrita, che “Il fascismo fu parte del male assoluto” (23-11-2003). Ma non per questo reputo il signor Fini una bagascia; di suo infatti non ha svenduto proprio nulla. Egli é, piuttosto, un pappone; ha svenduti un corpo ed un'anima che non erano suoi, non gli appartenevano ma di cui doveva essere il fedele tutore. Non che quel corpo fosse illibato, non che quell'anima non avesse le sue macchie; la storia del msi e della comunitá umana che lo componeva era fatta di luci e di tante ombre ma era meglio di niente e i sacrifici e le speranze, il sangue ed il sudore versati da tanti in qualche misura riscattavano i peccati, anche gravi, che erano stati commessi da chi ne aveva guidato, in anni assai difficili é giusto ricordarlo, l'altalenanti sorti. Li ha svenduti per la sua personale ambizione al cavaliere e al suo sistema di potere; che ha avuto ben modo di conoscere e le cui magagne egli ha condiviso senza batter ciglio per oltre quindici anni ma dalle quali egli ora vuole affrancarsi in un ipocrita sussulto di neoverginitá. La stessa che ora ha contagiato i suoi ex colonnelli, piccoli papponcelli di seconda battuta, i quali gli rinfacciano le giravolte alle quali peró essi stessi hanno assistito imperterriti, anche loro per oltre quindici anni ben guardandosi dal contestarlo, anzi spesso rivaleggiando con lui quanto a banderuolismo politico. Chi vincerá la gara del piú bel bidet alla coscienza?. E, per concludere questa bella sequenza di alte battaglie politiche, ecco cosa riportano oggi i giornali. Il signor Enzo Raisi, deputato finiano di Bologna, é stato richiamato dal deputato Daniele Capezzone, portavoce pidielle. Alla kermesse finiana di Mirabello sventolavano le bandiere dell'associazione omosessuale di destra "gaylib" e, alle critiche avanzate da qualche esponente del pdl, il Raisi rispondeva, rispettosamente rammentando le tendenze bisessuali del Capezzone. Il quale, a sua volta, rimproverava il collega deputato d'aver sollevato una "questione privata". "No, no - replicava il Raisi - ti giuro che era un complimento" ricordando come nell'articolo in cui erano riportate le sue parole, egli aveva al contrario citato il Capezzone "come esempio di grande coraggio, avendo fatto outing nel dichiarare la propria bisessualità". Che dire ? La democrazia italiana, i suoi esponenti e le sue virtù sono queste. Ognuno ne tragga le conseguenze. Quanto al vostro umilissimo ..... egli Vi sussurra "REMBARRE"; e lo fa sottovoce, con delicatezza, senza schiamazzi, ma con forza rivolgendosi a quella minoranza d'italiani che ancora non s'é arresa alla democratica ed urlante volgaritá di questi ultimi tempi ultimi.

domenica 5 settembre 2010

CONCORRENZE SLEALI

Le leggi del mercato non si discutono, sono dogma assoluto.
E tra queste, la libera concorrenza ne rappresenta l'espressione piú autentica.
Noi lo sapevamo ma su tutto ció non é affatto d'accordo Ramira un(a) transessuale italiano/a operante a Bologna.
Si lamenta di quanto sta accadendo nella zona Fiera, dove un camper parcheggiato sulla via attira l'attenzione di maschi d'ogni etá. Al suo interno due appariscenti transessuali di rosso vestiti/e e piuttosto scollacciati/e offrono le proprie prestazioni.
E' ció che racconta il "Corriere della Sera" di Bologna in un articolo intitolato "Il camper dell'amore (sic!) ".
"Concorrenza sleale - tuona col suo vocione Ramira, un trans appiedato e perció sfavorito - Per lo stesso prezzo nostro loro offrono una prestazione al chiuso e riparata da sguardi indiscreti mentre io sono in strada. E - aggiunge - sono pure straniere! "
Ramirona nostra tradisce una certa vena protezionistica e nazionalpopolare! Ma si sa, gl'italiani sono provinciali e i prodotti stranieri, dalle autovetture ai giocatori di calcio fino al sesso attizzano assai la loro propensione esotica.
La nostra bellocciona dunque sbaglia e sbaglia due volte anche perché il trattato di Lisbona e le rigide regole europee non ammettono limitazioni alla concorrenza e, soprattutto, reprimono la discriminazione etnica ! Attenta Ramirona che poi ti ritrovi una denuncia per incitamento all'odio razziale !
Non si puó discriminare ! E' vietato !
Ma gli esercenti il meretricio, chissá perché, hanno tutti/e una certa smania corporativistica, temono la concorrenza, non vogliono intrusi/e.
E i papponi lo sanno.
Infatti oggi il cavaliere ha dichiarato che i dissenzienti finiani, se rimarranno fedeli al pdl verranno ricandidati alle prossime elezioni. Non saranno sostituiti da altre aspiranti bagasce.
Niente concorrenza! Ognuno manterrá il suo bell'angolino di strada tutto per lui, da battere senza problemi di sovraffollamento; nessuna sorpresa.
Evidentemente conosce i suoi polli; lui di prostitute se ne intende.
Ma i finiani rispondono con sdegno: "Berlusconi non tiene conto della nostra dignitá".
Parole grosse.
La loro dignitá fa rima con kippá ! Nessun problema per loro. A Tel Aviv gli sono da tempo giá stati riservati chilometri di marciapiede.

martedì 31 agosto 2010

I CAVALLI E IL CAVALIERE

Saranno anche ben concrete le ragioni che hanno portato Berlusconi ad intrecciare una stretta relazione con Gheddafi.
La costruzione di strade ed infrastrutture varie sul territorio libico ed i vantaggi che le nostre aziende potrebbero trarne e gl'investimenti che i papponi libici potrebbero fare nel nostro paese possono anche ben valere una tenda piantata nel cortile dell'ambasciata libica e la puzza di cacca che i cavalli berberi hanno lasciato nel corso delle dimostrazioni ippico-beduine davanti alle nostre (si fa per dire) autoritá.
I cavalli arabi (e non solo i cavalli) certamente "olent " ma la "pecunia" no e allora preferisco non esprimermi.
Merita invece qualche riflessione il chiasso suscitato dalla "lectio magistralis" del Beduino Capo in quel di Roma alla presenza di cinquecento fanciulle di cui tre prontamente convertitesi all'Islam (lo stesso risultato che avrebbe ottenuto Vanna Marchi nel propagandare i suoi prodotti anti malocchio); L'Italia é cristiana ! han strillato leghisti (trangugiando frettolosamente e di nascosto l'acqua del dio Po) e pure i demosinistri, divenuti in un battibaleno ferventi cattolici, di fronte all'augurio d'una Europa musulmana !
Fan piú ridere del Beduino Capo; costui almeno é un buffone di professione.
Mentre i politici nostrani lo sono involontariamente e, di conseguenza, fanno ancor piú ridere. Dunque cari cristiani, riflettiamo, perché non vi stracciate le vesti per le decine di migliaia di bambini uccisi nel ventre materno grazie ad una legge che VOI mantenete ancora in piedi ? Riflettiamo ancora; perché non tagliate le unghie e gli artigli ai banchieri che, grazie a leggi da VOI approvate e mantenute in piedi, s'intascano rendite stratosferiche in barba ai principi di quel "giusto guadagno" che la Chiesa ha ripetutamente affermato nel corso dei secoli ? Invece di mostrar sdegno di fronte alle scoregge del Grande Beduino perché non ubbidite ai Dieci Comandamenti, ripetutamente da voi sbeffeggiati ?
Ma adesso parliam di cose serie.
Non é solo il business che ha motivato la singolare amicizia fra il nostro presidente ed il Beduino Capo ma , secondo me, ci sta di mezzo un vero e proprio innamoramento, una vera e propria "affinitá elettiva".
Le somiglianze caratteriali sono infatti impressionanti.
Quando il Beduino Capo si reca a concionare l'auditorio di cinquecento fanciulle dotandole d'un "Corano" non vi vengono forse in mente i primi anni in cui alle riunioni di "Forza Italia" (che ben difficilmente si sarebbe potuto distinguere dai raduni dei dianetic o degli scientologisti) si distribuivano agl'intervenuti delle valigette con tutto il "necessaire" per il discepolo berlusconiano ?
Entrambi sono poi dei veri comici; le barzellette raccontate da Berlusconi e la sua verve sono fatti notori; alle sparate del Beduino Capo (Gheddafi fa risalire all' "Italia fascista, che non era - secondo lui - l'Italia" - allora cos'era? un tricheco? una pantofola ? un dente molare? - quella colonizzazione che peró risaliva ad un paio di decenni prima) che rivaleggiano con quelle del nostro Totò evoluto, s'aggiunge un fisique du rôle di tutto rispetto; osservate bene le ultime sue immagini. Non sembra fatto apposta per interpretare la controfigura del mitico "monnezza", lo sbirro straccione ?
Il cattivo gusto la fa poi da padrone in tutti e due i compari.
Senza dimenticarci l'assillo della compagnia femminile. Le amazzoni di Gheddafi e le cinquecento fanciulle italiane ingaggiate per partecipare alla "lectio magistralis" sul Corano avranno suscitato l'invidia del nostro eterno giovanotto sempre in preda ad indomabili tempeste ormonali. Chissá se oltre che nel ruolo di ministre il nostro campione non inserirá qualche sua conquista anche all'interno dell'esercito.
Ma la vera condivisione sta in una assai meno divertente questione.
Cacciati da Gheddafi nel 1970 e spogliati d'ogni loro proprietá, ventimila italiani aspettano da allora un indennizzo. Berlusconi l'aveva loro promesso e aveva inserito la relativa clausola risarcitoria nel trattato italo-libico del 2008. Ma non é ancora arrivato un euro. Ecco l'altro punto in comune tra i due compari: entrambi hanno preso a calci nel culo quegli italiani.
Poco male. Non contano nulla, sono solo ventimila e nei sondaggi del cavaliere, fatti di percentuali, nemmeno si notano.
Gli italiani perbene si ricordino di questi nostri sfortunati compatrioti; e al cavaliere, invece, spediscano idealmente in un bell'involto la cacca dei cavalli dei beduini. Non si offenderá, é giá abituato. Il suo compare gliene ha giá fatta ingoiare in quantitá.

lunedì 2 agosto 2010

2 AGOSTO 1980, TRENT'ANNI DI MENZOGNE

Porto il mio personale ricordo di ció che avvenne trent'anni addietro alla stazione di Bologna. Ero lì alle nove di mattina perché dovevo passare a prendere una coppia di amici proveniente da Parigi. Il treno era in ritardo ed aspettai un pó di tempo prima che loro arrivassero.
Avevo parcheggiato la mia macchina fuori dalla stazione e, in quanto segnalata dai vigili urbani (che annotavano le targhe dell'autovetture in divieto di sosta per sanzionarle se questa diveniva troppo prolungata) agli organi inquirenti, nel successivo settembre fui chiamato dai Carabinieri a giustificare la mia presenza in quel luogo e in quel giorno.
Non so se questa mia convocazione dipese anche dalle mie appartenenze missine ma non vi dubiterei.
L'atmosfera che si respirava in quei giorni era impregnata dalla rabbia della sinistra italiana che, colla bava alla bocca, pretendeva teste fasciste; solo teste fasciste, non altre.
E dietro di lei tutti gli altri vigliacchetti demo-moderati, spaventati dagli ululati che provenivano dalla piazza inferocita; non essendo lupi e non potendo ululare si limitavano ad emettere latrati.
I due consiglieri comunali di Bologna del Msi, alla prima convocazione straordinaria del consiglio subito dopo il fatto furono aggrediti verbalmente e anche fisicamente dai soliti democratici propensi alla calunnia e al liciaggio ed a ció addestrati fin dal 1945.
I magistrati bolognesi e l'intellighentsia democratica del paese non persero tempo; non vollero arrivare ultimi nella gara di corsa alla lepre ed indicarono immediatamente la matrice "fascista" della strage.
Persino Indro Montanelli, dalle colonne del "Giornale" il 3 agosto ebbe la faccia di bronzo di scrivere "non sappiamo ancora se lo scoppio é accidentale ma se si trattasse d'un attentato allora la matrice sarebbe indubbiamente nera..."; e se lo diceva lui...!
L'autostrada ad una sola corsia era giá stata costruita; tutte l'indagini dovevano marciare obbligatoriamente in quella direzione: l'autostrada era a senso unico.
Soltanto un magistrato, Gentile, giudice istruttore dopo la formalizzazione dell'istruttoria, pur tra tanti errori ed ingenuitá, non si fece condizionare totalmente dall'isterico conformismo imperante e andò a scavare nel ginepraio libanese per trovarvi, lì, la chiave della soluzione.
Lo fece peró in maniera maldestra, approssimativa e, soprattutto, non godette di alcuna seria collaborazione da parte dei nostri servizi d'informazione che, evidentemente, ubbidivano a logiche ben piú forti e motivanti di quella che animava quel magistrato (cercare i colpevoli ed un serio movente), ossia un intreccio d'interessi - atlantici, sionisti, arabi e palestinesi - che vedeva il nostro paese oggetto, piuttosto che soggetto, di politica internazionale.

Deriso, isolato, sconfitto, quel magistrato dovette rinunciare all'incarico; pur avendo tra le mani gli stessi identici verbali che portarono poi altri giudici a pronunciare le vergognose sentenze di condanna contro Mambro, Fioravanti e Ciavardini, egli si rifiutó di emettere mandati di cattura per strage nei loro confronti; aveva giá capito tutto e le "prove" contro gli esponenti dei Nar erano tutt'altro che convincenti.
Ed aveva intuito, per fiuto o casualitá non so dire, che l'attentato non poteva avere motivazioni interne, italiane ma s'inseriva in una scenario di "guerra fredda".
È ció che sta ora emergendo.
Gli inquirenti, a Bologna, giá alla fine del mese d'agosto 1980 sapevano che un tedesco, tal Thomas Kram, esperto d'esplosivi e certamente in contatto col terrorista Carlos, aveva soggiornato a Bologna la notte tra l'1 e il 2 agosto e, dopo quella data, era divenuto uccel di bosco, per poi riapparire vent'anni dopo.
Tale informativa, che contrastava colla piega che l'inchiesta doveva prendere, mai entrò nel fascicolo del processo e questo fatto é venuto alla luce solo qualche anno fa.
Nessuno in questo momento puó affermare quale ruolo quella persona abbia svolto nella vicenda, se l'esplosione sia stata accidentale o, invece, voluta da chi voleva mandare un avvertimento ai nostri servizi segreti per colpire la politica di tolleranza nei confronti di Gheddafi e del terrorismo palestinese (riassunta nel c..d. "lodo Moro", ossia un accordo in forza del quale il governo italiano chiudeva gli occhi al passaggio di armi ed esplosivi attraverso il nostro territorio in cambio della garanzia che nessun attentato vi sarebbe stato eseguito) o, diversamente, per ritorsione contro la condanna del terrorista palestinese Abu Saleh (che risiedeva come studente a Bologna), legato a Carlos e catturato nel novembre ’79 assieme a Daniele Pifano e altri due esponenti dell’Autonomia Operaia per il ritrovamento di missili terra-aria diretti in Libano; condanna alla quale seguirono minacce da parte del gruppo palestinese, che rinfacciava alle nostre autoritá la violazione del "lodo", proprio poche settimane prima del 2 agosto.
Ma qualunque cosa sia accaduta, e al di lá dei recenti sviluppi dell'inchiesta, era giá evidente allora che le carte servite per condannare Mambro, Fioravanti e Ciavardini erano null'altro che spazzatura.
Non so se la menzogna sará un giorno svelata, non so se la magistratura riuscirá a far luce pienamente sulle vere causali di quel massacro. O se lo vorrá.
Perché questa repubblica apparentemente nata dalla resistenza, apparentemente perché il contributo militare delle bande partigiane fu pressocché irrilevante, e in realtá nata dal tradimento e dal servilismo a vantaggio di potenze straniere - che, dopo averci bombardato, reintrodussero in Italia mafie e massonerie - non é in grado di regolare i propri conti col passato, non ne ha voglia, teme che svelata una trama, anche solo per forza d'inerzia si sprigioni un concatenarsi di chiarimenti e di veritá capaci di rimettere in discussione antiche e consolidate certezze, antichi e condolidati poteri.
Non vuole chiarezza perché ha sempre vissuto sull'inganno e sulla mistificazione ed esse sono state il cemento dell'orrido edificio che si chiama stato italiano.
Meglio allora non scoperchiare il pentolone e lasciare che il vecchio brodo marcio continui a bollire.
Ma da lì si sprigiona comunque un odore insopportabile, di bassezza, cinismo, viltá, servilismo.
E' il vero profumo di questa democrazia.

domenica 25 luglio 2010

LA TRAGEDIA DI DUISBURG

Diciannove ragazzi uccisi schiacciati da una ressa danzante, non nella discoteca d'un barrio sudamericano o d'una bidonville africana ma nella democratica, civile e liberale Germania.
E, colmo dei colmi, quella specie di ridda sfrenata danzante ed alcolica era stata inaugurata vent'anni addietro, proprio in occasione della caduta del muro di Berlino, per rappresentare la manifestazione di "pace e tolleranza attraverso il ballo e la musica"; sparata a volumi stratosferici dove al ritmo della "tecno", un suono ossessivo che fa perdere ogni coscienza di sé, un milione e quattrocentomila giovani s'erano radunati per ubriacarsi, ballare in nome della "pace e della tolleranza", figli legittimi della democratica "libertá".
Ma diciannove di loro non torneranno piú a casa, morti schiacciati come topi, insieme ad altri trecento e piú coetanei feriti, spintonati, urtati, calpestati da una folla impazzita che, presa ad un certo punto dal panico, s'é rovesciata come uno tsunami di carne in direzione d'una galleria ch'era stata malamente transennata.
Senza motivo; la paura di qualcuno, forse a sua volta spintonato ha provocato l'effetto della valanga al precipitar d'un sasso.
La tragedia di questi sventurati ragazzi non m'impedisce di cogliere un sottile paradosso: concepito per festeggiare la caduta del vergognoso muro comunista quel "pacifico e tollerante" raduno ha gettato in un tunnel tante giovani vite.
E' la perfetta metafora dell'Europa uscita ebbra di gioia dalle macerie del muro imboccando, forse appagata dallo scampato pericolo, la strada dell'illusione d'una libertá assoluta che peró le sta divorando l'anima.
Quest'occidente, pacifico e tollerante, liberale e democratico, assomiglia senpre di piú ad uno spaventoso tunnel senza fondo, senza via d'uscita, che quasi quasi fa rivalutare quel vecchio pezzo d'Europa, occupata sì dai carri armati sovietici ma che aveva davanti a sè soltanto un muro e viveva nella speranza, che le preservava l'anima, che un giorno prima o poi l' avrebbe scavalcato.
La povertá cui era stata ridotta la metá comunista dell'Europa ci appare, a giochi fatti, molto meno disperata dell'apparente benessere in cui sguazza oggi, come una scrofa nella melma, l'Europa liberale.
La speranza d'un futuro migliore dá la forza di combattere, di reagire, di superarsi, proprio perché s'intravede o anche solo s'immagina un domani.
Quel domani a cui oggi l'Europa e la sua gioventú, contorte in sè stesse, non pensano piú; avendo perduto la dimensione del passato sono divenuti incapaci di pensare ad un futuro e l'unica prospettiva delle sue masse, giovanili e non, ora si riduce essenzialmente al consumo e al godimento del presente.
Colpevoli anche le classi dirigenti le quali, per sostenere il loro potere in questa democrazia liberale e consumistica e farsi piacere e votare, debbono concedere alle masse ció ch'esse chiedono. Ri-educarle alle tradizionali regole del giusto, del bello, del sacro ? Troppo difficile, troppo lungo, non ci si riesce in una sola legislatura.
E poi, soprattutto, ció che é bello, giusto e sacro lo si trova anche gratis, in natura, nella propria educazione e nella propria coscienza o al piú sborsando poche lire: la lettura e l'apprendimento di cose buone, una sana base culturale, la preghiera e la devozione religiosa, il comportamento onesto non danno redditi ai boiardi di Stato del capitalismo assistito, al fisco, alle banche, comprese quelle che riciclano gl'introiti del traffico di droga, ai padroni delle televisioni e delle pubblicitá.
Ma dall'altra parte, a far quadrare il cerchio della reciproca apparente convenienza sta una massa che non intende assolutamente farsi ri-educare: troppa fatica, troppo impegno, meglio non pensare.
Ecco il sublime paradosso della democrazia: l'esaltazione della massa quale attrice della vita politica mentre in realtá é poltigliosa creta manipolabile nelle mani d'una ristretta oligarchia esattamente come l'eroinomane davanti al suo spacciatore.
La democrazia-pusher l'abbaglia coi suoi luccicanti messaggi, la tiene legata a sè colle sue nuove droghe, utilizzando talora i suoi tribuni riformisti altre volte usando le lusinghe cesariste, sempre peró mantenendola in uno stato di bulimia consumistica, illusione di libertá e di benessere.
E così s'innesca inesorabilmente una regressione civilizzazionale; l'esaltazione individualistica, che tende progressivamente ad eliminare i vecchi vincoli sociali (quelli che generavano rispetto, devozione, onestá, misura) sta portando ad un imbarbarimento anche dei comportamenti primari: le folle danzanti ebbre di alcool, droga e suoni ossessivi, la totale disinibizione sessuale, la perdita di sobrietá nel vestire (fino ad arrivare all'obbrobriosa moda dello smutandamento) espressione d'una generale caduta di gusto fino agl'innumerevoli casi di pura violenza gratuita.
Si sta tornando all'etá della pietra ?
Lo sostiene un ottimo scrittore le cui opere varrebbe la pena far conoscere in Italia.
Si chiama Minh Dung Louis Nghiem, é un medico vietnamita che vive in Francia ed é uno studioso del cervello e dei danni ad esso provocati da certi tipi di musica.
E la sua diagnosi ci sembra esatta : « La civilizzazione, costruita dall'uomo in molte decine di secoli, si disfa ineluttabilmente, passando dapprima per la distruzione delle leggi naturali della politica, nel 1789 colla rivoluzione francese, poi delle leggi naturali dell'economia attraverso la vittoria del comunismo, nel 1917. Infine delle leggi naturali dei costumi nel maggio 1968 con l'esaltazione del sesso attraverso la vittoria delle dottrine psicanalitiche. Tutte queste peripezie hanno permesso all'uomo di denudarsi progressivamente delle costruzioni dei suoi antenati. E presto stracciandosi l'ultimo paio di blue-jeans , non ci resteranno come vestiti che degli astucci porta-pene»
Sempre che la Storia non faccia risvegliare al momento opportuno dal loro attuale torpore, come giá ci ha abituati, i propri anticorpi.
E di ció, se Vi fa piacere saperlo, il Vostro affezionatissimo é convinto.
E (anche questo so che vi piacerá) la reazione sará molto violenta, proporzionata ai germi da debellare.
E nell'attesa che il democratico-pusher morda la polvere noi gridiamo ... REMBARRE !

martedì 20 luglio 2010

REMBARRE !

REMBARRE ! Era il grido di guerra dei vandeani e degli chouans che combatterono con metodi poi adottati dalla moderna guerriglia il governo repubblicano francese prima e quello imperiale napoleonico poi. Per restituire alla Francia la religione cattolica che la costituzione civile del clero proclamata dalla Convenzione aveva strappato alla tradizione della Francia, la "Fille ainée de l'Eglise", la figlia primogenita della Chiesa. "Rembarre", nel dialetto del Poitu - il patois - significa "Sbarra il passo", "Fermalo" a significare la volontá di resistenza contro chi, in nome d'un marcio e puzzolente principio astratto di "libertá", voleva privarli di vere e concrete libertá, quelle di essere fedeli alla loro Fede, alle loro Tradizioni, ai loro Signori. Quei Signori che gli stessi contadini di Vandea invocarono affinché si mettessero alla loro testa per guidarli nel combattimento; Bonchamps, D'Elbée, La Roquejacquelin, Charette, generali e strateghi della grande Armata Cattolica e Reale; che persero la vita in battaglia, in prima fila a difendere i diritti della loro gente, nella migliore tradizione cristiana, europea e feudale. REMBARRE ! Cambiano i tempi, cambiano le mode, cambiano le situazioni e i metodi di lotta. Oggi, perlomeno nell'occidente guidato dalla froceria e dalla viltá, i moderni boia avendo perduto lo stomaco dei vecchi boia, pusillanimi s' accontentano della diffamazione, della denigrazione, del ricorso ai "diritti", e non invocano piú la forca, per annientare i nemici. Pirati senza lo stomaco dei pirati. E così i moderni liberali, tolleranti e democratici non hanno perduto l'occasione di aggredire moralmente quel cinquantenne bagnino d'una spiaggia di Torre del Lago che, veduti due uomini baciarsi (pudicamente, dicono loro) sulla bocca, l'invitava a smetterla perché "lì c'erano delle famiglie e dei bambini". Feriti, offesi nel loro onore i due piccioncelli s'allontanavano e denunciavano il fatto ad una delle tante associazioni antiomofobiche. Orrore. Sono insorti i gay, le associazioni libertarie, e lo stesso sindaco di Torre del Lago (Pdl naturalmente) annunciava di voler approfondire la questione per stabilire se si trattava o no d'un episodio di "discriminazione omofobica". Povero bagnino! Magari elettore del pd o, prima ancora, del pci. Per lui piú importante della libertá delle moine tra uomini e dello scambio di gesti d'equivoco affetto é il senso del pudore, il senso del decoro, che servono a difendere le famiglie e i bambini. In lui quella parola - Rembarre ! - é un piccolo grido di guerra, una catechesi nascosta ma forte, scritta nel sangue e nell'educazione che gli sono stati trasmessi anche se non l'ha mai sentita e non ne comprenderebbe il significato letterale. REMBARRE ! Sconosciuto ed umile bagnino, piccolo chouan di Torre del Lago. Sei meglio tu di tutti i politici etero od omo sessualizzati destrorsi e sinistrorsi che popolano questa sventurata espressione geografica. Il tuo atto di governo d'un piccolo angolo di battigia versiliana é piú legittimo di tutti i decreti legge del parlamento e dimostra che vale ancora la pena di combattere. Perché c'è ancora tanta piccola gente sconosciuta che, a modo suo, continua a farlo. REMBARRE !

domenica 6 giugno 2010

L'APPRENDISTA STREGONE USA NEI GINEPRAI ASIATICI

Il prossimo 22 settembre saranno trent'anni che l'Irak , approfittando delle debolezze delle forze armate iraniane epurate dai mullah - vittoriosi 18 mesi prima sulla monarchia dei Pahlavi - invadeva l'Iran.
Il prossimo 8 agosto saranno vent'anni che l'Irak invadeva il Kuwait, ció che provocava le prime sanzioni dell'ONU e la coalizione armata d'una trentina di paesi (nome in codice: tempesta nel deserto) seguita da un selvaggio embargo che duró per dodici anni provocando la morte d'un milione e mezzo di bambini per malnutrizione e mancanza di cure e medicinali, prima della stoccata finale della primavera del 2003 e la caduta di "Saddam Hitler" arrestato ed esposto come una bestia da fiera nel dicembre 2003. Un punto in comune tra tutti questi avvenimenti così pesanti di conseguenze umanitarie, sociali e geopolitiche ? Tutti derivarono dall'interventismo degli Usa o, piuttosto, dall'ipercapitalismo di cui lo Zio Sam, la sua diplomazia e i suoi eserciti costituiscono lo strumento, come tre libri recentemente apparsi ne forniscono le prove.
150 MILIONI DI DOLLARI PER LANCIARE KHOMEINY
Giá ministro dello Sciá e rettore d'Universitá, Houchand Nahavandi espone in "Khomeiny in Francia. Rivelazioni" come furono letteralmente fabbricate la leggenda e la statura del "grande Ayatollah" in un modus operandi che d'altronde ricorda la costruzione da parte d'una agenzia di relazioni pubbliche newyorkese, nel 1959, della leggenda di Fidel Castro, "l'eroe della Sierra Maestra", quando Washington volle sbarazzarsi del ditattore Batista, divenuto ingombrante.
Così si comincia coll'inventare all' "esiliato di Neauphle-le-Château" un profilo di grande intellettuale e al suo figlio obeso, morto per diabete, una morte tragica a seguito della tortura da parte della polizia dello Sciá.
Reza Pahlevi, ossessionato dalla tutela troppo asfissiante degli Stati Uniti, vuole in effetti rivolgersi piú verso l'Europa per diversificare l'estrazione e le esportazioni del suo petrolio, il che é inammissibile per l'equipe di Carter che, secondo M.Nahavendi "ha fornito approssimativamente 150 milioni di dollari per finanziare l'operazione Khomeiny".
La Casa Bianca incomincia dunque a provocare sommovimenti nei quartieri di Teheran e a corrompere alcuni ministri (e anche Primi ministri); le agenzie di stampa e le grandi catene di televisione mediatizzano le manifestazioni contro lo Sciá e soprattutto la loro repressione ma passano sotto silenzio le manifestazioni di solidarietá verso il sovrano - indebolito dal cancro che lo vincerá dopo la sua destituzione - il cui potere é così poco a poco eroso.
Alla conferenza di Guadalupa convocata da Giscard d'Estaing il 5 maggio 1979 - antenata del G4, divenuto G7, poi G8 e oggi G20 - "la sorte dell'Iran é definitivamente sancita", Jimmy Carter affermandovi chiaramente che "Lo Sciá non puó restare. Il popolo iraniano non lo vuole piú ... ma noi non dobbiamo inquietarci": Un mandato é così affidato al generale americano Robert E.Huizer, comandante in capo delle forze Nato che "deve accelerare la partenza dello Sciá, neutralizzare l'esercito iraniano e facilitare l'arrivo al potere di Rouhollah Moussavi Khomeiny".
LA GUERRA IRAN-IRAK: MANOVRA DI WASHINGTON
Sfortunatamente per gli Usa, la creatura non tarda a tradire le aspettative che il suo creatore aveva riposto in lei: il 4 novembre, i Guardiani della Rivoluzione occupano l'ambasciata degli Stati Uniti a Teheran, un'occupazione che proseguirà sino al gennaio 1981.
Come abbattere allora l'ingrata Repubblica Islamica ? Lanciando contro di lei L'Irak. Che riceve come premio dei suoi buoni servizi armi. tecnologia e soprattutto, una volta terminata la guerra, la promessa della provincia petrolifera del Khouzestan. Ma nel 1988 l'Iran accetta un "cessate il fuoco" e Saddam Hussein non sembra piú inseguire interessi militari. Lo si spinge dunque a delle imprudenze - a cominciare dall'invasione del Kuwait, colla benedizione dell'ambasciatrice April Glaspie (scomparsa poco dopo in un misterioso incidente automobilistico), pretesto per le successive spaventose conseguenze.
Sarebbe stato, a tal proposito, interessante che lo Zaïm potesse fornire le sue spiegazioni sulla provocazione del Kuwait negli interrogatori a cui, dalla fine del 2003, fu sottoposto dall'FBI, ora apparsi nel libro "Saddam Hussein, La caduta".
Sfortunatamente questi interrogatori sono stati censurati dall'FBI che sembra piuttosto ansioso di sapere se il decaduto dittatore "viaggiasse a bordo di Mercedes nere prima della guerra"!.
Sono peró rimaste alcune dichiarazioni rivelatrici - e che confermano ció che si é detto - di Saddam: "Quando gli Usa hanno sospeso la fornitura di cereali all'Irak? Nel 1989. Quando gli Usa hanno spinto i paesi europei a boicottare la vendita di equipaggiamento tecnologico all'Irak? Nel 1989. Washington pianificava la distruzione dell'Irak, un intento a cui era spinta dal sionismo...Israele vedeva nell'Irak una pericolosa minaccia militare alla fine della guerra coll'Iran, Ne sono intimamente persuaso". Nega poi con vigore ogni collusione con Al Qaeda e con Bin Laden ("Credo in Dio ma non sono uno zelota. La religione e il governo non debbono mescolarsi") e ben inteso l'esistenza del fantasmagorico arsenale d'armi di distruzione di massa. Menzogna d'altronde riconosciuta come tale da Paul Wolfovitz, giá numero due della difesa americana, in un'intervista rilasciata alla rivista Vanity Fair.
L'Irak "democratizzato" dalla "crociata" del 2003 essendo niente piú che anarchia e caos, è la minaccia iraniana che si tratta ora di sradicare, qualunque sia il prezzo da pagare. In dollari e in inganni.
I SUCCOSI BUSINESS DEI CONTRACTORS
La sanguinosa guerra di Bush non fu certamente una "crociata". Nel suo appassionante e documentato studio "Irak, terra mercenaria", in cui tratteggia chiaramente il quadro della situazione, l'autore George-Henri Brisset des Vallons nota che durante quella campagna, tuttora in essere, gli Americani hanno impiegato 130.000 miltari ma anche 200.000 contractors, di ogni nazionalitá. Certamente si conosceva l'esistenza di numerosi mercenari reclutati da imprese private quali Blackwater , Dyncorp, Triple Canopy o Erynis ma non si era mai misurata l'ampiezza di questo "impiego di civili nelle campagne militari americane...processo storico di lunga durata e non giá una novitá della guerra contro l'Irak": infatti dal 1995 al 1999 contro la Serbia, soldati e contractors (essenzialmente musulmani, albanesi palestinesi o magrebini) furono impiegati in misura uguale - 20.000 - cosa mai vista nelle operazioni esterne condotte dagli Stati Uniti.
Per Washington si trattava evidentemente di risparmiare la vita ai "suoi" giovani affinché il conflitto non divenisse impopolare come lo divenne, alla lunga, quello del Vietnam, ma soprattutto di fare economie, anzi dei buoni affari, i relativi costi potendo essere divisi dagli stati coinvolti, anche se lontanamente ( come l'Arabia Saudita o la Malesia musulmana, alleati strategici degli albanesi del Kossovo nei balcani) o da mastodonti industriali interessati al successo di certi progetti, come in Irak l'impresa americana di lavori pubblici Halliburton, il cui amministratore fu per un certo periodo Dick Cheney, vice presidente di George Bush.
Inoltre lo stato di belligeranza sotto certe latitudini favorisce traffici, compromessi, business spesso assai poco compatibili coll'onore militare.
A questo riguardo le connessioni indicate da Brisset des Vallons tra il flusso di danaro generato dall'impiego di civili nel conflitto e il danaro sporco, spesso proveniente dal traffico di droga e destinato a finanziare l'acquisto di armi, sono appassionanti. L'impresa Erynis fu cofondata da due vecchi complici dello storico oppositore di Saddam Hussein, Ahmed Chalabi, regolare invitato del club Bildeberg e "assai vicino alle teste pensanti del clan neocon, tra i quali Paul Wolfovitz, Richard Perle e Albert Wohlstetter " dopo essere stato implicato nel 1992 "nel fallimento della banca giordana Petra alla quale egli avrebbe truffato piú di 30 milioni di dollari". Ora fu proprio quel truffatore che inventó il concetto di "armi di distruzione di massa" in seguito fatto rimbalzare attraverso il mondo dai suoi amici neocon !
L'IRAK SACCHEGGIATO
Niente di strano dunque se sui 125 miliardi di dollari destinati da Washington alla ricostruzione dell'Irak dopo la "vittoria" del primo maggio 2003, circa 40 miliardi sembrano essere svaniti. "Penso che sono i funzionari e i contractors americani all'origine del vero saccheggio dell'Irak" accusa un uomo d'affari citato dall'autore. Tra i saccheggiatori é indicato l'ispettore americano dellla regione centrosud dell'Irak.
Al di lá del problema morale che pone quest'appello massiccio ai contractors - meglio utilizzare il nome inglese, riservando qujello di "mercenari" ad un altro tipo di volontari - il ricorso a quelli aggrava l'insicurezza nelle zone in cui sono dislocati. La trasmissione e la comunicazione subiscono gravi inconvenienti operativi tra americani, israeliani, ecuadoregni, sudafricani, gurka o figiani, in piú spesso antagonisti in ragione della disparitá dei salari versati agli uni e agli altri.
Da qui degli "errori" come quello di Falloudjah che costó la vita a 1400 civili irakeni in seguito a ció che si ritenne erroneamente essere un 'imboscata.
LA DIFESA USA NELLA TRAPPOLA DELL'ANARCO-CAPITALISMO
Dopo Paul Rogers, Brisset des Vallons vede nell'importanza assunta dalle societá militari private in Irak "una esperienzxa concreta d'anarco-capitalismo" l'intenzione essendo di "procedere a una privatizzazione completa di tutti i beni dello Stato (alcune societá israeliane fanno parte degli investitori stranieri), una massiccia partecipazione straniera nell'industria petrolifera, il tutto proiettato sullo sfondo di una quasi totale assenza d'ogni regolamentazione finanziaria. La Difesa americana diviene così "una barca ubriaca" in ragione della sua "sottodipendenza al settore militare privato", in un processo che sembra irreversibile.
A meno che l'Afghanistan non vi ponga un termine. L'Afghanistan, dove lo sviluppo e l'attivitá delle societá militari private sono tenute a bada dalla presenza di eserciti personali dei grandi capi feudali o tribali che non intendono né dividere la torta né accettare degli intrusi sui loro territori di caccia. Rivincita delle etá lontane contro l'anarco-capitalismo del XXI secolo? In ogni caso "lrak, terra mercenaria" ci fa conoscere ció che ci viene nascosto così accuratamente dai manipolatori delle pubbliche opinioni.

(Per gentile concessione di Rivarol - articolo di Camille Galic in Rivarol n.2954 del 28 maggio 2010 - traduzione autorizzata)

mercoledì 2 giugno 2010

LE VESTALI DELLA DEA UGUAGLIANZA

Proprio l'altro giorno annotavo la sempre piú accentuata tendenza della "burocrazia decisionale", ossia quella che fa le leggi (che mi rifiuto per decenza di chiamare "potere legislativo") e quella che le applica (che, per analogo motivo mi astengo d'ora in poi di chiamare "magistratura", non foss'altro per il sacro significato che tale espressione aveva per gli antichi romani) di voler scandagliare le coscienze per andare a spiarvi motivi, passioni, sentimenti e farne discendere conseguenze giuridicamente rilevanti.
Ed affermavo che questa nuova tendenza rappresenta una forma di "inquisizione" intollerabile, un attentato alla vera "Libertá" che é sempre concreta, specificata e che non nasce da astrazioni ma si deve necessariamente coniugare con bisogni reali e naturali.
Ebbene, quello che oggi s' é letto sui quotidiani rappresenta un' ulteriore fuga in avanti di una volontá totalizzante finalizzata al controllo dei pensieri e alla repressione dei comportamenti non graditi ai signori dell'euroburocrazia che sui diritti di "uguaglianza", "libertà" e "non discriminazione" stanno cercando di fondare un nuovo ordine politico, sociale ed economico.
La Corte di Cassazione - giá resasi protagonista di numerose prodezze - ha aggiunto una nuova perla al suo brillante curriculum, dimostrandosi affidabile esecutrice di quella volontá.
Hanno stabilito i Supremi Giudici - udite udite - che una coppia di genitori che intende adottare un bambino non italiano, colla procedura dell'adozione così detta internazionale, NON puó pretendere di indicare e scegliere la razza del minore o vincolare la relativa richiesta all'origine etnica dell'adottando.
La Cassazione ha affermato che "il bisogno di genitorialitá dal quale nasce l'iniziativa del rapporto adottivo deve coniugarsi coll'accettazione della identitá e della diversitá del minore nell'ottica del perseguimento dei diritti fondamentali di quest'ultimo" e, quando la selezione del minore sia manifestata "attraverso una espressa opzione davanti agli organi pubblici, chiedendo di elevare a limite della procedura di adozione l'appartenenza del minore ad una determinata etnia, al giudice é inibito di avallare una scelta che si pone in stridente ed insanabile contrasto coi principi nazionali e sovranazionali".
Con questa solenne ma scontata sequela di blablabla si mette in secondo piano la circostanza che proprio "il diritto fondamentale del bambino" - ossia quello di essere amato ed accettato nella famiglia adottiva, a qualunque razza egli appartenga, sia chiaro - rischia di essere compromesso dal disagio che due genitori possono provare, nel vedersi cioé affidato un bimbo che non sentono "loro".
Alla concretezza, al bene reale del minore si sovrappongono astruse ed astratte pretese umanitaristiche, egualitaristiche e filantropiche che si vogliono imporre come modello per tutti e si ragiona come se un bimbo fosse un barattolo di marmellata di produzione industriale, dove ogni confezione é uguale all' altra.
Ma dove sta il male nel vedere in un sorriso, in una mano, in uno sguardo d'un bambino abbandonato l'affetto e la tenerezza che si vanno cercando ? Proprio in quel sorriso, in quello sguardo, in quel gesto si puó completare quel desiderio - che si intreccia col "bisogno" - di paternitá e di maternitá che, nella riproduzione naturale, si sublima nella fusione dei geni paterni e materni e dá luogo ad una creatura fatta ad immagine e somiglianza dei propri genitori.
Ed invece ecco qui pronta la distribuzione dei bambini, come delle merendine da una macchinetta automatica: bambini tutti uguali da distribuire a genitori tutti uguali.
Ma come si possono svalutare i mille ragionevolissimi motivi che possono spingere un uomo e una donna a pretendere una determinata provenienza etnica del bambino? "Volerlo" o immaginarselo somigliante al figlio ch'essi avrebbero desiderato concepire naturalmente - o che magari avevano ed hanno perduto - e dunque etnicamente compatibile con la loro origine; non metterlo a disagio nell'ambiente in cui crescerá o non rischiare di vederselo "non accettato" .
Ma quel che conta, per i burocrati del diritto, per gli sputasentenze di professione (che naturalmente rifiutano il taglio degli stipendi perché LORO i sacrifici per il bene comune non li fanno) non é il buon senso, il rispetto della scelta di chi va a compiere un atto d'amore ma i principî supremi scolpiti nel marmo, immutabili e fissi come lo sguardo vuoto ed abissale d'una sfinge : libertá! uguaglianza! non discriminazione! E a queste ermafroditiche astratte deitá laiche le vestali togate sacrificano le differenze, le sensibilitá, la volontá d'una scelta che non perde la sua generositá se fatta con selettiva amorevolezza, anzi al contrario, perché é l'amore stesso ad essere - a pretendersi - selettivo.
E proprio qui scatta la caccia al retropensiero, alla motivazione, la caccia al razzista! Tale essendo evidentemente chi formula una richiesta "discriminatoria" !
Vuoi un figlio indoeuropeo ? Razzista !
E lo sottolinea pure la Suprema Corte non accontentandosi evidentemente del semplice burocratico e rituale sacrificio alla deitá laica; no, si prepara il rogo per il genitore razzista: il giudice che si trovi davanti genitori che vogliono adottare un bimbo in base al colore della pelle - stabiliscono i sacerdoti di questo diritto neogiacobino - non puó ignorare (ossia "deve considerare") "le carenze nella capacità d'accoglienza e inadeguatezza rispetto alle peculiaritá del percorso d'integrazione del minore straniero".
In soldoni, quei genitori non sono idonei all'adozione !
Razzisti ! il bambino bianco non te lo diamo ! Meglio che continui a stare in un orfanatrofio !
In attesa di vedere che cosa succederá a quei padri che ammoniranno il figlio a "non frequentare bambini zingari" o consiglieranno la figlia "di non accasarsi con un islamico". Perderanno la patria potestá? Verranno "allontanati dalla residenza famigliare" ? O non sono pure queste motivazioni "razziste" e dunque meritevoli di sanzione ? Allora avanti giudici, avanti poliziotti, che cosa aspettate ? Punite anche quelle!
Ma anche in mezzo a questo caos egualitaristico - che gli uomini di governo ci stanno imponendo gabellandocelo come "destra moderna" - miei cari amici e compatrioti, tenetevi sempre a mente queste parole: No Pasaran !

lunedì 31 maggio 2010

CI VOGLIONO METTERE A NOVANTA GRADI...

Ci siamo. Mancava qualche altro cazzotto al traguardo e i cazzotti sono arrivati. Al Colosseo, ai danni d'un omosessuale che ora reclama, forte della propria disavventura, che il governo inserisca il movente omofobico, come giá richiesto dalla deputata lesbica Paola Concia, tra quelli che, nel 1993, il decreto Mancino indicò quali aggravanti di qualsiasi reato: i motivi di discriminazione razziale, etnica, religiosa, nazionale. Nel 1993 un episodio poco chiaro (vandalismi contro alcuni sepolcri del cimitero ebraico di Prima Porta) ma subito accollato a bande di non ben specificati "naziskin" fu il pretesto che mosse il governo, pressato da ambienti che in Francia vengono scherzosamente definiti col termine "la lobby qui n'existe pas", ad adottare la legislazione "antirazzista". Uno dei tanti provvedimenti che, dai tempi dell'emergenza terroristica, dimostra la mancanza di un benché minimo discernimento. Governi di tutti i colori hanno sempre obbedito agli umori delle piazze; sia quando, schiacciata da assassinii e atti terroristici la pubblica opinione chiedeva, ottenendole, manette, punizioni e repressione sia quando, di fronte a palesi ingiustizie commesse contro innocenti, il sentimento forcaiolo si tramutava in pietas garantista e i governi varavano nuove misure a tutela del diritto alla presunzione d'innocenza. Misure emergenziali e garantistiche si sono rincorse per decenni, risultato della volontá dei governanti di captare gli umori popolari, per adeguarvisi, vera ed unica motivazione del loro agire. Veri uomini di Stato avrebbero volto lo sguardo oltre il loro breve orizzonte di carriera e d'interesse politico, sarebbero stati attenti alla misura e consapevoli della necessitá di guardarsi dalle diffuse passioni che le contingenze, sia pur drammatiche, del terrorismo suscitavano. Ma se la sanguinosa emergenza di quegli anni settanta ed ottanta poteva in qualche maniera rappresentare una ragione di peso per sconvolgere codici ed interpretazioni serene ed obbiettive delle norme penali, quel che sta accadendo da qualche tempo a questa parte ha tutt'un altro odore. Puzza di marcio, di costruito, di artificiale. E ha dalla sua non giá ragioni di obbiettiva gravitá come uno status di belligeranza contro organizzazioni terroristiche e criminali ma, e stanno in prima fila, gli strilli, isterici, dei responsabili di organizzazioni omosessuali e, in seconda fila, l'accondiscendenza trasversale di alcuni ambienti politici, anche governativi. In primis la Carfagna, il ministro delle pari opportunitá. La stessa che appoggió con vigore l'adozione della misura cautelare detta dell' "allontanamento dalla residenza familiare" destinata ai genitori (ma di fatto rivolta ai soli padri) nel caso di reati commessi nell'ambito familiare ma che ha giá provocato, grazie anche alla balorda interpretazione di giudici incapaci, guasti enormi. E' la classica legislazione giacobina, improntata sull'ossessione "antidiscriminatoria" ed "egualitarista", in nome della quale si vorrebbe purificare la societá da ogni ingiustizia ma che ha, da sempre, costituito la rampa di lancio per le peggiori vessazioni, per le piú oscene repressioni, tutte rivolte a indagare i pensieri e le intenzioni, spiando dal buco della serratura dell'anima d'ognuno, ma non giá per completezza di verità bensì per usare pensieri ed intenzioni contro il loro legittimo proprietario, secondo il peggiore modello inquisitorio. Leggetevi il testo della dichiarazione dei diritti dell'uomo della Convenzione rivoluzionaria francese, leggetevi il testo della costituzione sovietica staliniana: quante belle affermazioni di libertá! Sulle quali sono schizzati litri di sangue dalle ghigliottine di Robespierre e dalle purghe del bandito georgiano. Perché solo un paese incivile vuole dare importanza a ció che sta nella coscienza del singolo, solo un paese di delatori, di sovietica memoria, vuole trasformare il giudice da prudente interprete e corretto esecutore della legge a spione che va a frugare nei motivi del gesto, anteponendo questi all'obbiettiva valutazione della gravitá del gesto stesso e dei suoi effetti concreti. Come se giá nella nostra legislazione non esistessero norme volte a dosare l'entitá della pena secondo i motivi che hanno determinato il reo alla condotta vietata. Queste regole di giudizio, questi modulatori di pena e di sanzioni erano e sono piú che sufficienti. Invece si vuole gravare la bilancia, giá assai appesantita e scalibrata, della giustizia di criteri del tutto estranei a ragioni di equitá e di buon senso. Per quale motivo il cazzotto dato ad un omosessuale deve essere punito piú pesantemente d'un cazzotto rifilato ad un salumaio colle orecchie a sventola? Perché se offendo una persona gay debbo subire una procedura diversa, piú pesante e vessatoria, di quella riservata a chi, invece, ingiuria un laziale o un tabaccaio ? Quale logica presiede ad una simile diseguaglianza se non quella, perversa, di perseguire lo scopo, in ció obbedendo alla mortifera filosofia del trattato di Lisbona, di un rovesciamento dei diritti naturali a beneficio di quelli "innaturali" e della creazione d'uno status quo che punisca ogni "deviazione" antiegualitaria. E non si tratta solamente di cazzotti: l'omofobia qualificherá non solo gli atti di violenza ma anche ogni forma "discriminatoria". Una critica, una valutazione negativa, magari un apprezzamento boccaccesco ed ecco che potrá scattare il meccanismo, bestiale, kafkiano, della repressione con i suoi meccanismi di persecuzione penale e di risarcimento civile. Colle associazioni omosessuali che potranno costituirsi parte civile, reclamare condanne e risarcimenti e arricchire le loro casseforti coi danari dello sventurato di turno. Ma non hanno ancora vinto; anzi il vostro umilissimo, imitando un grande scrittore e giornalista, vi grida forte: No pasaran !

martedì 25 maggio 2010

13 MAGGIO. NOSTRA SIGNORA DI FATIMA (VII) fine

Il 13 ottobre, a mezzogiorno, si erano giá radunate dalle cinquanta alle sessantamila persone alla Cova de Iria.
Nerl corso di tutta la notte precedente e durante l'intera la mattinata era caduta una pioggia sottile ma persistente che aveva ridotto le strade ad un mare di fango.
I tre bambini, nonostante le pressioni incredibili a cui erano stati sottoposti per mesi avevano mantenuto una sufficiente serenitá e si apprestavano a vivere l'ultimo atto della loro meravigliosa storia.
All'una di pomeriggio Lucia, mossa - come lei stessa racconterá - da un impulso interiore, disse alla folla di chiudere gli ombrelli per recitare il rosario.
Nonostante la pioggia, l'ordine fu eseguito; questo popolo confuso ma compatto chiuse gli ombrelli scoprendosi alla vista, quasi in un gesto di reverenza e d'umiltá; molti s'inginocchiarono nel fango per recitare le preghiere.

Erano quasi le 13 e 30 quando, ad un tratto, Lucia guardando ad oriente si rivolse a Giacinta dicendole "Oh Giacinta ! Mettiti in ginocchio ! Nostra Signora sta arrivando ! Ho giá visto il lampo !".
Fu allora che Lucia cadde come in estasi.
"Il viso della bambina - racconta un testimone - divenne man mano piú bello e assunse una tinta rosa mentre le sue labbre si fecero piú sottili".
Giacinta allora, di fronte al mutismo della cugina, le rifilò una gomitata e le disse "Parla Lucia, Nostra Signora é giá lá".
Lucia ritornò allora in sé stessa, respirò profondamente due volte e si rivolse alla Signora.
(L) - Che vuole da me Vostra Grazia ?
- Voglio dirti che si costruisca qui una cappella in mio onore. Io sono Nostra Signora del Rosario. Che si continui a recitare il rosario ogni giorno. La guerra sta per finire e i soldati rientreranno presto a casa loro.
(L) - Avevo molte cose da domandarVi: di guarire qualche malato, di convertire qualche peccatore...
- Qualcuno sì, altri no. Occorre che si correggano, che domandino perdono dei loro peccati.
E, assumendo un'aria piú triste aggiunge:
- Che non s'offenda piú Dio, Nostro Signore, poiché Egli é giá troppo offeso !
(L) - Volete nient'altro da me ?
- No, non desidero altro da te.
(L) - Allora neanch'io domando piú niente.
Come era giá successo il mese precedente, la folla poté vedere per tre volte una piccola nube formarsi attorno all'alberello dell'apparizione, elevarsi e poi scomparire.
Quando poi la Signora inizió ad elevarsi in cielo, Lucia, come aveva giá fatto nelle altre occasioni, gridò: "Se ne va! Se ne va!" e poi gridò ancora "Guardate il sole !" .
Fu proprio in quel momento che la folla poté contemplare lo spettacolo inaudito della "danza del sole".

LA DANZA DEL SOLE
La pioggia era di colpo cessata, le nuvole s'erano improvvisamente disperse ed il cielo s'era fatto chiaro. Il tutto in pochissimi secondi e al di fuori d'ogni normale avvicendamento atmosferico.
Lasciamo parlare i testimoni:
" Si poteva guardare perfettamente il sole senza sentir male agli occhi...Sembrava che ad intermittenza si spegnesse e si riaccendesse. Lanciava dei fasci di luce da una parte e dall'altra dipingendo di differenti colori gli alberi, le persone, il suolo, l'aria. Tutti stavano immobili, tacevano...tutti guardavano il cielo..... Ad un certo momento il sole si mise a tremare, a scuotersi con dei movimenti bruschi, poi a girare su sè stesso a una velocitá vertiginosa...e poi sembró avvicinarsi come se fosse arrivato all'altezza delle nuvole e si rimise a girare su sè stesso come una ruota dei fuochi d'artificio per parecchi minuti, talora arrestandosi".
E proprio in quest'ultima fase della "danza", quando l'astro sembrò precipitare sulla terra, si verificarono generali scene di panico, urla e pianti ma s'assistette anche alla recita di atti di contrizione e d'invocazione di grazia e d'aiuto celeste.
Questa la sintesi di migliaia di deposizioni, tutte coerenti fra loro, tutte attestanti quell'avvenimento incredibile nei suoi particolari piú importanti : la luce intensa ma non abbagliante del sole, il volteggiare della sfera su sè stessa, il suo zigzagare e il suo precipitare verso la terra e la durata di una decina di minuti dell'intero miracolo.
Ed, in piú, un ultimo fatto stupefacente: tutte le persone, nella stragrande maggioranza bagnati fino alle ossa per la pioggia insistente constatarono, con piacevole sorpresa, che tutti gli abiti erano divenuti asciutti.
Il prodigio del sole fu anche visto a distanza, dunque non soltanto fra coloro ch'erano presenti sul luogo dell'apparizione.
In alcuni villaggi posti fra i quattro e i quaranta chilometri da Fatima numerose persone testimoniarono d'aver assistito allo stesso prodigio visto e descritto dai pellegrini.
Anche in quei luoghi si verificarono scene collettive di panico nel momento in cui il sole sembrò precipitare sulla terra.

Meritano una menzione tra quelle, innumerevoli, immediatamente rilasciate dopo i prodigi, due testimonianze rese da non credenti; la prima di Avelino de Almeida, il redattore capo del quotidiano, liberale, massonico e anticlericale "O Seculo".
Sfidando l'ira di tutta la stampa anticlericale, questo giornalista agnostico e positivista ebbe l'onestá d'ammettere d'aver assistito a quel fenomeno inspiegabile:
"Cosa ho visto sulla landa di Fatima che fu veramente piú strano ancora ? La pioggia cessar di cadere, la spessa massa di nuvole dissiparsi; e il sole - disco d'argento senza bagliore - apparire in pieno zenit e mettersi a danzare in un movimento violento e convulsivo, che un gran numero di testimoni paragonava ad una danza serpentina ... Miracolo, come gridava il popolo? Fenomeno naturale, come dicono i sapienti? Per ora non mi preoccupo di saperlo, ma solamente d'affermare che IO L'HO VISTO...il resto é affare tra la scienza e la Chiesa".
La seconda é del Barone di Alvaiazere, anch'egli un non credente:
"Venuto a Fatima per pura distrazione, considerando solo uno scherzo tutto ció che avevo sentito sulle apparizioni, vi incontrai numerosi amici. Mi misi a commentare davanti a loro gli avvenimenti con un tono talmente ironico da indisporre diversi tra loro che la pensavano diversamente.
Mi preparai così a ben conservare tutta la mia libertá di spirito qualsiasi cosa succedesse, ben sapendo che l'individuo in una collettivitá non puó sfuggire alla corrente ipnotica che lo domina. Così prevenuto assistetti al fenomeno solare"
terminato il quale egli gridò: "Credo ! Credo ! Credo ! Ero meravigliato - dichiara - estasiato davanti a questa manifestazione della potenza divina ".

Durante i dieci minuti in cui la folla poté contemplare il grandioso miracolo cosmico, i tre veggenti godettero d'uno spettacolo ancor piú bello: La Vergine realizzava le promesse del 19 agosto e del 13 settembre. Fu dato loro e solo a loro d'ammirare, in pieno cielo, tre visioni successive: quella della Santa Famiglia, con Giuseppe e il Bambino Gesù con Nostra Signora, quella di Nostra Signora dei Dolori e quella di Nostra Signora del Carmelo.

ALLUCINAZIONE COLLETTIVA ?
Nell''opera di Gustave le Bon "Psicologia delle folle", edito nel 1896, si sostiene la tesi che nel momento in cui le persone si trovano insieme esse sragionano completamente, divengono incapaci di una lucida osservazione e la loro testimonianza perde ogni credibilitá.
"Ciò che la folla crede d'osservare - si legge - non é altro che la semplice illusione d'un individuo che, attraverso la via del contagio, ha suggestionato gli altri".
In circa dieci pagine, che costituiscono la fonte privilegiata del mito della "scientificitá" del fenomeno dell' "allucinazione collettiva", si fa riferimento ad un solo episodio, divenuto poi un classico della letteratura scientifica sull'argomento: la vicenda della fregata "Belle Poule".
Questa nave si trovava in mare per ritrovare una corvetta dispersa, "le Berceau" di cui aveva perso i contatti a seguito d'un violento uragano.
I marinai della "Belle Poule" erano tutti sul ponte, in piena esposizione solare.
Ad un tratto la vedetta avvista un'imbarcazione alla deriva; l'equipaggio dirige allora i suoi sguardi verso il punto segnalato e tutti ritengono di vedere chiaramente una zattera piena d'uomini rimorchiata da altre imbarcazioni sulle quali sventolavano dei segnali di pericolo.
Armata una scialuppa ed avvicinatasi al punto indicato ci si accorse che si trattava semplicente di alcuni rami coperti di foglie che provenivano dalla vicina zona costiera.
"In quest'esempio - afferma Le Bon - si puó ben comprendere chiaramente il meccanismo dell'allucinazione collettiva così come abbiamo spiegato".
Il prof. Ellenberger (nella sua opera, "Psicosi collettive", pubblicata nella Enciclopedia medico chirurgica, 1967) ha smontato pezzo per pezzo il mito della pretesa scientificitá dell'allucinazione collettiva, dimostrando come Le Bon avesse omesso di considerare una serie di dati fondamentali nell'economia del giudizio.
In primo luogo l'equipaggio, spossato dalla febbre e dalla malaria, si trovava in uno stato di grande esaurimento fisico. I marinai erano inoltre angosciati dall'idea che i loro compagni dell'altra imbarcazione fossero morti, inghiottiti dal mare. Da un mese che giá durava la ricerca, i marinai vivevano in uno stato di perenne ansietá e il pensiero dei compagni dispersi aveva assunto la forma d'una vera e propria ossessione. L'aria calda ondeggiava all'orizzonte e le correnti marine avevano in realtá portato alla deriva una vera e propria massa d'alberi e non (come aveva riferito Le Bon) "qualche ramo" ! Infine, la vedetta avendo percepito sotto un riflesso solare quasi accecante degli oggetti di cui non aveva identificato la natura, aveva gridato "Natante alla deriva !". E fu questo il punto di partenza dell'illusione ottica, facilmente comprensibile e che si diffuse poco a poco in tutto l'equipaggio.
Che si parli di "miraggio" o di "allucinazione collettiva" ben poco dunque importa purchè si precisino le cause che hanno provocato l'errore: "L'esaurimento fisico, la depressione mentale, la preoccupazione dominante che aveva assunto dopo un mese la forma d'un'idea fissa, infine dei fattori sensoriali idonei a favorire la creazione d'una illusione" (Ellenberger).
Nessuna di queste condizioni mai si verificò a Fatima.
Le centinaia, e poi migliaia e poi decine di migliaia di persone che si radunarono alla Cova de Iria non erano affette da esaurimento mentale o fisico; non erano febbricitanti od angosciate o sottoposte ad una calura asfissiante; ció che videro non fu la distorsione di qualche oggetto, realmente presente ma erroneamente percepito; non vi furono persone - come la vedetta della "Belle Poule"- che annunciarono un fatto capace, per contagio, di apparire come realmente sussistente agli altri; tantissime persone credenti le quali speravano ardentemente di vedere qualche fenomeno soprannaturale nulla percepirono allorché tanti perplessi o addirittura atei e comunque poco propensi all'autosuggestione furono testimoni dei miracoli.
E come dimenticare che, a distanza di decine di chilometri dai luoghi delle apparizioni, altre centinaia di persone, che stavano attendendo alle loro normali occupazioni, testimoniarono il prodigio solare ? Ció che, all'evidenza, smentisce senz'appello l'ipotesi dell'allucinazione collettiva per suggestione.

Nel 1917 nostra Signora di Fatima é entrata nella Storia denunciando anticipatamente gli errori che il comunismo avrebbe sparso per il mondo intero.
Questi errori sono sotto gli occhi di tutti.
La cacciata della dottrina cristiana dalla societá e la indotta ateizzazione dei popoli, la propaganda anticattolica e la concezione materialista dei rapporti umani e sociali non sono stati sepolti dalle macerie del muro di Berlino.
Le societá occidentali, dopo aver resistito alla pressione marxista, davanti allo scampato pericolo di supremazia del modello collettivista - e constatata la vittoria (per ritiro dell'avversario) del loro giá stantio modello economico liberale - hanno abbandonato ogni minima difesa culturale e religiosa e si sono così imbevute dei peggiori concetti con cui la propaganda giacobina prima e quella comunista dopo hanno avvelenato l'umanitá.
Uguaglianza e libertá, concetti coi quali i peggiori tiranni si sono riempita la bocca, oggi sono le parole d'ordine della nuova Europa uscita dal trattato di Lisbona.
E che hanno contaminato il mondo europeo che proprio facendo a meno di quelle astrazioni ideologiche s'era costruito per secoli un tessuto sociale ed economico che aveva permesso uno sviluppo armonioso di civiltá, progresso e tradizione.
Ora é tutto morto ed i cadaveri si contano sulle strade.
Ma sono cadaveri viventi, in buona salute fisica; parlano al telefonino ma non s'accorgono d'essere morti.
Guardano la tivu ma non s'accorgono d'essere morti.
Si guardano allo specchio, abbronzati e vestiti all'ultima moda ma non s'accorgono d'essere morti.
Sono tolleranti e democratici ma non s'accorgono d'essere morti.
La Signora di Fatima é entrata nella Storia ma la memoria dell'uomo europeo si fissa ormai solo su ció che ha appena fatto o deve fare o consumare nelle due successive ore.
E così facendo brancola nel buio, proprio mentre pensa sorridendo che i led del suo computer o del suo cellulare siano la sola luce da seguire.
Ma proprio per questo c'é da sperare.
Perché quando una civiltà o una nazione sono al culmine della potenza non potranno che discendere, mentre dal punto piú basso dell'abisso piú oscuro non si potrá che risalire.
Ed in questa lenta ma inesorabile risalita ci saranno uomini capaci di vedere nell'oscuritá, di riconoscere il cammino anche se sprofondati nel buio piú nero.
Grazie anche alla Luce di Fatima.

domenica 23 maggio 2010

13 MAGGIO. NOSTRA SIGNORA DI FATIMA (VI)

Il 19 agosto Nostra Signora aveva rinnovato a Lucia la promessa: un miracolo affinché tutti potessero vedere; e credere. Fino ad allora i fenomeni atmosferici erano stati notati da molti ma si era trattato di piccoli, se pur importanti, segni.
L'annuncio del miracolo, gli articoli apparsi sui giornali, forse anche la curiositá avevano spinto 25-30 mila persone verso la Cova de Iria giá all'alba del 13 settembre.
Tutti volevano vedere e parlare coi tre bambini, molti riuscirono ad aprirsi un passaggio in mezzo alla folla per inginocchiarsi davanti a loro e domandare che si facessero portatori d'una richiesta di grazia alla Santa Madre. Chi non ci riusciva si faceva sentire gridando le proprie richieste, di guarigione, di salvezza, di ritorno a casa d'un figlio partito in guerra.
Tutte le miserie del mondo si ammassavano davanti a tre poveri pastorelli.
Numerose testimonianze vi furono quel giorno e tra le piú circostanziate v'è quella di Monsignor Quaresma, venuto "in incognito" a controllare ció che accadeva e che per questo s'era appostato in un luogo defilato rispetto al centro dell'interesse ma tale da fargli godere un'ottima visuale.
A mezzogiorno in punto, dopo che la folla s'era zittita e si udiva solo il mormorio delle preghiere e dei rosari, molte braccia tra la folla si levarono insieme a delle grida di gioia che indicavano qualcosa nel cielo.
"Con mio grande stupore - riferisce il religioso - vedo allora chiaramente e distintamente un globo luminoso che si muoveva da oriente verso occidente e scivolava lentamente e maiestosamente nello spazio". Anche accanto a lui ci sono persone che vedono ció che sta accadendo; mentre il globo si posa delicatamente sulla piccola quercia, la luminositá del sole diminuisce - tanto che alcuni testimoni riferirono di aver potuto distinguere le stelle nel cielo - e l'atmosfera diviene color giallo oro.
Racconta quindi Lucia:
(L)- Che vuole da me Vostra Grazia ?
- Continuate a dire il rosario per ottenere la fine della guerra. In ottobre Nostro Signore verrá così come Nostra Signora dei Dolori e del Carmelo, San Giuseppe col Bambino Gesù al fine di benedire il mondo.
(L)- Vi é qui una piccola bambina che é sordomuta, Vostra Grazia non vorrebbe guarirla ?
- Da qui a un anno stará bene.
(L)- Ho anche altre domande, alcune per una conversione, altre per una guarigione.
- Guariró gli uni ma gli altri no poiché Dio non si fida di loro.
(L)- Il popolo vorrebbe aver qui una cappella.
- Con la metá del danaro ricevuto sino ad oggi che si facciano le barelle per la processione e che le si porti alla festa di Nostra Signora del Rosario; che l'altra metá sia usata per la costruzione della cappella.
Lucia poi Le porge due lettere e un piccolo flacone d'acqua profumata che le erano state date da un uomo.
(L) - Mi sono state date queste. Vostra Grazia le vuole ?
- Queste non servono nel cielo.
Durante tutto il tempo dell'apparizione la maggioranza dei pellegrini aveva goduto d'uno straordinario spettacolo: la caduta dal cielo d'una pioggia di petali bianchi o, secondo la descrizione d' altri, di fiocchi di neve rotondi e brillanti che scendevano lentamente e sparivano a contatto col suolo.
Ma un altro fenomeno accompagnó l'apparizione di Nostra Signora.
Una piccola nuvola s'era formata sopra l'albero su cui Ella s'era posata. Alzandosi dal suolo s'ingrossó e rimase sospesa nell'aria fino a dissiparsi come il fumo dopo un colpo di vento.
E ció si ripeté tre volte, come se degl'invisibili turiferi avessero incensato liturgicamente la visione.
E al termine del colloquio con Lucia, si notó nuovamente il globo luminoso alzarsi dall'alberello e procedere verso oriente fino a scomparire.
Tutti i fenomeni fin qui annotati, anche quelli delle precedenti apparizioni, furono visti e descritti dalla maggioranza dei presenti piú o meno nei medesimi termini; non furono peró visti da tutti.
Come se una volontá celeste avesse deciso di rivelarsi selettivamente a circa due terzi di coloro che si trovavano sui luoghi.
Ma ció anziché sminuire il valore delle testimonianze "favorevoli", al contrario lo rafforza.
Non solo non appare decentemente sostenibile liquidare come mera bugia un fenomeno attestato dalle dichiarazioni di migliaia di persone.
Ma, inoltre, moltissime tra le persone che dichiararono di non essersi accorte di nulla risultarono essere credenti e dispiaciute di non aver percepito quei fenomeni a cui, in cuor loro, speravano di poter assistere.
Se si segue allora la tesi, peraltro del tutto priva di fondamenti scientifici, di una sorta di "autosuggestione collettiva" non si spiegherebbe perché proprio tanti che ardentemente speravano di vedere qualcosa e, dunque, piú di altri, avrebbero potuto essere vinti da una autosuggestione, ingannati da un autoconvincimento, furono proprio tra coloro che non ebbero alcuna visione.
Laddove molti increduli furono beneficiati da quegli straordinari spettacoli e da ció furono determinati alla conversione.
Le testimonianze dei fenomeni soprannaturali, verificatisi il 13 agosto e il 13 settembre, che migliaia di pellegrini avevano diffuso attraverso il Portogallo ebbero l'effetto di zittire gli attacchi dei giornali liberali e anticlericali.
E la data del 13 ottobre, giorno del miracolo annunciato, era sempre piú attesa sia tra i credenti e i devoti sia tra coloro che ritenevano (o forse speravano) che nulla sarebbe successo così da poter sbugiardare la "propaganda clericale" e la superstizione del popolo. E poter continuare così l'opera di sradicamento della Fede dal Portogallo.

giovedì 20 maggio 2010

13 MAGGIO. NOSTRA SIGNORA DI FATIMA (V)

Le notizie provenienti dalle persone che, sempre piú numerose, avevano accompagnato i tre bambini - e che, pur non potendo scorgere la presenza celestiale, avevano assistito a fenomeni sicuramente soprannaturali - cominciavano a diffondersi e a interessare gli ambienti politici e amministrativi filogovernativi, preoccupati dall'insorgere d'una animazione popolare ch'essi non gradivano e difficilmente avrebbero potuta controllare.
La voce delle apparizioni, le testimonianze dei fatti prodigiosi che ad esse seguivano, l'annuncio d'un imminente miracolo, il tutto accompagnato da un rinnovato fervore religioso tra le genti contadine di quella regione avevano di che inquietare le logge portoghesi.
Inizió a muoversi per prima la stampa.
Il 23 luglio, sul maggior quotidiano liberale di Lisbona "O seculo" apparve un articolo in cui, volutamente ignorando le giá numerose testimonianze sui fenomeni soprannaturali avvenuti durante le apparizioni, s'ipotizzava che il tutto fosse il frutto d'una speculazione commerciale: s'era scoperta una fonte d'acqua ed il clero intendeva trarne profitti economici !
Fu il pretesto per l'intervento dell'amministratore del cantone de Vila Nova de Ourem; corrispondente ad una sorta di prefetto e quindi dotato di ampi poteri, Artur de Oliveira Santos - feroce anticlericale che aveva chiamato i propri figli "Victor Hugo" (poeta romantico e nume tutelare della terza repubblica francese), "Jaurès", (politico francese del socialismo pacifista) e "Democrazia" (dal nome d'una nota meretrice) ed era stato il fondatore della loggia della sua cittá - dispose la convocazione dei tre bambini al municipio di Vila Nova per il giorno 11 agosto.
Lì si recarono, dopo un viaggio di 15 chilometri, fatto a piedi e a dorso d'asino, Lucia, suo padre Antonio e Marto, padre di Francesco e Giacinta.
E qui si svolse, per la prima volta, alla presenza del padre e dello zio, l'interrogatorio di Lucia davanti all'autoritá civile; sia l' "amministratore" sia i suoi sgherri non le risparmiarono promesse e poi minacce al fine di dissuaderla dal ritornare al luogo dell'appuntamento e l'avvertirono che non avrebbero avuto il minimo scrupolo per ottenere ció ch'essi volevano.
Ed il patimento di Lucia, che nel corso dell'interrogatorio aveva tenuto duro mantenendo la calma, aumentava man mano che constatava d'essere stata lasciata "sola" dai propri genitori i quali, anche in quella situazione di pericolo, continuavano a mostrarle ostilitá; diversamente da Marto che aveva fin dall'inizio creduto ai racconti dei due figli e della nipote e ch'era l'unico dei parenti ad esserle vicino.
Giá alla vigilia del 13 agosto migliaia di persone, da tutte le direzioni, erano nel frattempo giunte in prossimitá di Cova de Iria e la mattina di quel fatidico giorno i tre bambini s'erano trovati assediati da una folla di pellegrini.
Ma ad aspettarli a casa dei cuginetti c'era l'amministratore che s'era lì recato fin dalle nove del mattino. Colla scusa che li avrebbe portati lui direttamente al luogo dell'incontro li fece salire nella propria vettura e, dopo essersi recato dal curato del paese per sottoporre Lucia ad un altro interrogatorio nel corso del quale ella continuó a ripetere ció che aveva sempre detto, li sottrasse alle loro famiglie e li portó a Vila Nova.
* * *
A la Cova de Iria s'era radunata nel frattempo una folla valutata tra le diciottomila e le ventimila persone. Venute a piedi, in bicicletta, a dorso di mulo; s'era formata anche una fila di autovetture che aveva causato un intasamento.
Intanto s'era giá sparsa la voce che i bambini erano stati rapiti dall'amministratore. Il brusio che aveva cominciato ad elevarsi dalla folla delusa e preoccupata per l'assenza dei tre pastorelli si placò all'istante al suono di un colpo di tuono, che fece tacere tutti, a cui seguì un lampo. E, immediatamente dopo, si notó una piccola nuvola che, dopo essere planata poco tempo sulla solita quercia, si alzò verso il cielo scomparendo nell'aria.
E un altro fenomeno prodigioso, pur esso fatto oggetto di testimonianze, ebbe a verificarsi. L'apparizione d'un arcobaleno che colorò delle sue tinte i volti, gli abiti delle persone e, addirittura, il disco solare che sembrò, per tutto quel tempo, composto di tanti quadretti iridati; a ció si accompagnò la visione di migliaia di fiori che avevano preso il posto delle foglie degli alberi.
L'appuntamento con Lucia e i suoi due cuginetti era peró rimandato di qualche giorno.
* * *
I bambini rimasero imprigionati diversi giorni. Furono interrogati piú volte separatamente, minacciati, terrorizzati.
Assistette agl'interrogatori anche un medico affinché potesse testimoniare d'un preteso stato d'isteria dei tre veggenti e dimostrare così l' "impostura clericale"; ma nessun referto fu mai prodotto contro questi bambini, evidentemente perché ne fu constatata l' assoluta luciditá mentale.
Durante la loro permanenza nelle celle della prigione, in compagnia di delinquenti comuni, i pastorelli pregarono assiduamente e convinsero all'orazione anche qualcuno dei detenuti.
Fallito il tentativo di piegarne le volontá, l'amministratore fu costretto a rilasciare i tre bambini, anche per le pressioni che stavano montando contro di lui da parte dei parenti e di molte persone che non avevano digerito quell'infame manovra.
Il curato del paese, l'abate Ferreira, il quale s'era sempre mostrato del tutto scettico - anche durante l'ultimo interrogatorio di Lucia subito prima del sequestro - alla notizia di ció che s'era prodotto il 13 agosto pur in assenza di Lucia e dei suoi due cuginetti, si decise a scrivere una lettera pubblica, che apparve sui maggiori quotidiani portoghesi, per dichiarare che "a dire di migliaia di persone, l'assenza dei bambini non ha impedito alla Regina degli Angeli di manifestare il suo potere. Tutti quanti attestano fatti straordinari e fenomeni che hanno radicato la loro fede piú profondamente ancora...".
* * *
Il 19 agosto , una domenica, dopo la messa i tre bambini si diressero verso la Cova de Iria , accompagnati da qualche persona, tra cui Giovanni, fratello di Lucia, per andarvi a recitare il rosario. Arrivati alla localitá detta Valinhos, Nostra Signora apparve. ed ecco il racconto di Lucia:
- Che vuole da me Vostra Grazia ? Le domandai.
- Voglio che voi continuiate ad andare alla Cova de Iria il 13, che continuiate a recitare il rosario tutti i giorni. L'ultimo mese faró il miracolo affinché tutti credano. Se non vi avessero portati via in cittá, il miracolo avrebbe potuto essere conosciuto. San Giuseppe verrá con il bambino Gesù per dare la pace al mondo. Nostro Signore verrá a benedire il popolo. Verrá anche Nostra Signora del Rosario e Nostra Signora dei Dolori.
- Che volete che faccia del danaro che le persone lasciano alla Cova de Iria ? - chiesi.
- Che si costruiscano due barelle di processione. Tu ne porterai una con Giacinta e due altre bambine vestite di bianco; l'altra sará portata da Francesco con altri tre ragazzi come lui, vestiti d'una tonaca bianca. Sará per la festa di Nostra Signora del Rosario. Ció che resterá servirá come contributo alla costruzione d'una cappella.
- Vorrei domandarvi la guarigione di qualche ammalato - chiesi.
- Sì, ne guariró qualcuno entro l'anno.
"E, assumendo un'aria piú triste, soggiunse:
- Pregate, pregate molto e fate dei sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno in inferno perché non hanno nessuno che si sacrifica e prega per loro.
"E, come d'abitudine, s'alzó in cielo verso oriente ".
Giovanni, fratello di Lucia, che aveva assistito all'apparizione, pur senza vedere la Madre Celeste. testimonió d'aver sentito un colpo di tuono, d'aver udito Lucia gridare "Guarda Giacinta, guarda che la Signora parte !" e d'aver notato come un mutamento della luce solare.
Raccolto un rametto dell'albero di quercia su cui s'era posata e portatolo a casa, si constató ch'esso odorava d'un profumo tanto dolce e sublime quanto sconosciuto.
A seguire.