domenica 16 settembre 2012

DIETRO L'ASSASSINIO DELL'AMBASCIATORE AMERICANO A BENGASI

DIETRO L’ASSASSINIO DELL’AMBASCIATORE AMERICANO A BENGASI Di Bernard Lugan Attore più che attivo nel rovesciamento di Mouammar Gheddafi, Christopher Stevens, durante uno spostamento a Bengasi, è stato preso in trappola nei locali del consolato del suo paese. Al di là di questo assassinio e del suo pretesto pseudoreligioso quale analisi possiamo fare della situazione in Libia ? Fino ad oggi, a credere ai media, la Libia era sulla strada della normalizzazione : l’economia si stava rimettendo in moto con la ripresa delle esportazioni di petrolio e di gas e le istituzioni democratiche si insediavano dopo le elezioni legislative del 7 luglio 2012. Ciechi e sordi, gli osservatori hanno belato di gioia nel vedere la sconfitta dei fondamentalisti e la vittoria dell’ “Alleanza delle forze nazionali” (AFN) presto battezzata come “liberale” . Ora, come ci si doveva aspettare, questo calendario democratico assai « eurocentrico » non ha evidentemente permesso di rimettere il paese in piedi e questo per una semplice ragione, ossia che la Libia non esiste più. Il colonello Gheddafi era riuscito, a prezzo d’una severa dittatura, a imporre la stabilità interiore in un paese oggi minacciato da una frammentazione regionale (Tripolitania-Cirenaica-Fezzan) a cui s’aggiungono delle fratture interregionali e religiose. In Tripolitania due grandi coalizioni regionali s’oppongono : 1.All’ovest, l’AFN di Mahmoud Jibril ha per cuore la frazione tripolitana dei Warfalla, la sua tribù che, da sola, costituisce il 30% della popolazione. I suoi alleati e soci sono reclutati à Zenten [1] e tra le tribù dell’ovest, tra cui i Berberi del jebel Néfusa e di Gahryan. 2.All’est, la coalizione islamo-Misurata è, quanto a lei, potentemente sostenuta dal Qatar. Il porto di Misurata è oggi in mano a quelle milizie gangsgter-fondamentaliste che linciarono il colonnello Gheddafi, tranciarono le mani del suo figlio secondogenito prima di cavargli gli occhi e sgozzarlo. Furono questi «combattenti della libertà », questi «democratici» cari a Bernard Henry Levi, che il presidente Sarkozy ordinò ai commando francesi di salvare quando le forze del colonnello Gheddafi erano sul punto di prendere la città… Bel colpo ! In Cirenaica, dove il 6 marzo 2012, Ahmed Zubaïr al-Senoussi è stato eletto emiro dai capi delle tribù, due grandi forze s’oppongono, i federalisti e gli islamisti. L’irredentismo della Cirenaica è un dato storico. Negli anni 1945-1950, quando l’ONU forzò Gran Bretagna , Italia e Francia ad accelerare il processo d’indipendenza della Libia, le tribù di Cirenaica, reticenti all’idea della creazione d’uno Stato libico, accettarono l’unione a due condizioni: 1.Che il capo della confraternita senussa, Idriss ne divenisse il capo. Egli regnò col nome d’Idriss primo dal 1951 al 1969. 2.Che una ampia autonomia fosse riconosciuta alla Cirenaica. Nel 1969, dalla sua presa del potere, Mouammar Gheddafi abolì la monarchia e impose il dominio della Tripolitania, ciò che la Cirenaica non accettò mai. Ecco perché la guerra civile che andava a rovesciarla vi cominciò. Gli islamisti che hanno sostenuto la ribellione della Cirenaica vogliono ora comandare i federalisti, ma si trovano di fronte altri musulmani. Un feroce combattimento oppone infatti i fondamentalisti che non hanno tradizione locale ai membri delle confraternite sufi il cui peso regionale è importante. Il feudo degli islamisti radicali è Derna dove hanno costituito un Emirato. Da molte settimane, essi tentano di prendere il controllo di Bengasi. L’attacco contro il consolato americano fa parte della loro strategia. Chi andrà ad imporsi? E’ impossibile dirlo. Attualmente i fondamentalisti di Cirenaica cercano d’appoggiarsi alle milizie di Misurata le quali a loro volta cercano il loro sostegno contro quelle dell’ovest. Furioso per la sconfitta dei suoi protetti a Tripoli, il Qatar pare particolarmente attivo in questa operazione. La questione che si pone ormai è di sapere se la Libia può sopravvivere come Stato. Si sta lentamente profilando infatti una situazione di guerre regionali, tribali, di clan, religiose ; come in Somalia. Che potrebbero essere seguite da un’esplosione territoriale, il paese trovandosi allora ritagliato come « tasti di pianoforte » con un porto a prolungamento dei giacimenti d’idrocarburi dell’interno. Ormai, l’alternativa è semplice : o le nuove autorità mettono un termine al caos – ma come ? – e ricostruiscono lo Stato in una qualche forma, o la Libia rimane ingovernabile. In questo caso, gli islamisti potranno allora giocare una carta maestra, quella del modello religioso che trascenda le divisioni al fine di coagularle in un tutto comune, l’Oumma. Coloro che hanno permesso questo disastro coi suoi strascichi in tutta la fascia del Sahel (v. i numeri de l’Afrique Réelle consacrati alla questione ), sono quelli che hanno deciso d’immischiarsi nella guerra civile libica, il primo posto dei quali spetta all’ex presidente della Repubblica francese. Quanto allo sventurato ambasciatore americano, il meno che si possa dire è che i suoi vecchi protetti si sono dimostrati piuttosto ingrati verso di lui… Bernard Lugan – 12/09/12 Retrouvez l’Afrique Réelle sur www.bernard-lugan.com [1] I miliziani di Zenten tengono prigioniero Seif al Islam, il figlio del colonnello Gheddafi

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