martedì 21 settembre 2010

DALLA CULLA ALLA TOMBA. ANZI SOLO LA TOMBA.

Il successo elettorale dei Democratici Svedesi, il partito che si caratterizza per una forte protesta anti immigratoria, suscita alcune riflessioni.
La prima é che quest'affermazione giunge in un paese che ha sempre goduto d'una indiscutibile stabilitá sociale, grazie alla presenza d'uno Stato che, secondo una nota definizione, ha provveduto alla vita del cittadino "dalla culla alla tomba"; l'ondata immigratoria che ha portato nel paese scandinavo quasi due milioni di persone (senza contare altre centinaia di migliaia di clandestini) di contro ad una popolazione di nove milioni ha evidentemente messo sotto scacco quel sistema, provocando la caduta del governo socialista, ininterrottamente al potere da cent'anni. Anche la socialitá ha dunque i suoi limiti fisiologici e la mammella dell'intervento pubblico non é inesauribile; e resta comunque a vedere chi debbono essere i figli da allattare, quelli che hanno edificato lo Stato ovvero i nuovi venuti. E su questo dilemma bisognerá che qualcuno, in tutta Europa, cominci a stabilire delle regole e, soprattutto, delle prioritá. E da ora.
Una seconda riflessione é di natura semantica.
Alcuni giornali hanno virgolettato l'espressione "democratici" riferita al partito di Jimmie Akesson, in tono evidentemente sarcastico, sottolinenadone la natura "xenofoba" e, quindi, ben poco "democratica".
Ma cos'é democratico e cosa non lo é? Se si consulta un manuale di diritto costituzionale si apprende che la democrazia é nulla piú che una forma di governo, ossia un metodo di raccolta del consenso attraverso un' elezione, a suffragio universale, dei rappresentanti i quali, muniti di quel mandato popolare, provvederanno a governare.
Dunque democratico dovrebbe essere, a rigore, chi accetta quel metodo e gli esiti che scaturiscono dal suffragio popolare indipendentemente dalle sue convinzioni ideologiche, etniche, sociali o religiose. La sua coscienza e la sua cultura nulla hanno a che vedere col calcolo statistico delle preferenze.
E qui pongo una bella domanda.
Quid iuris se gli elettori, a maggioranza, incaricassero i propri rappresentanti eletti di sciogliere le camere e le altre istituzioni costituzionali per costituire, che ne so, un direttorio con poteri assoluti ed illimitati per uno, due, cinque, dieci anni ?
Cosa dovrebbero, democraticamente fare, gli eletti ? In ossequio al principio della rappresentanza democratica essi dovrebbero eseguire il mandato conferito loro secondo le indicazioni e nei limiti ricevuti.
In caso contrario il principio del "governo del popolo", che ha democraticamente scelto, sarebbe eluso, sbeffeggiato, violato.
Peró tutto ció sarebbe ritenuto (dagli attuali "democratici") "antidemocratico" per la semplice ragione che il sistema democratico, da "codice di procedura consensuale" é andato riempendosi di contenuto ideologico impregnandosi dei principi liberali che, a loro volta, curioso paradosso, ben potrebbero esistere - e sono infatti esistiti - anche in paesi e regimi a limitate garanzie democratiche (con suffragio limitato, per esempio).
Ed ecco allora sorgere la raffinata sintesi "liberal-democratica" : il popolo può scegliere (democraticamente) ma nel cerchio delle opzioni che i signori del danaro dell'economia (liberali, cioé generosi fra loro, perché si spartiscono il mercato della mandria popolare allo stesso modo in cui si assegnano, pro quota, banche e fette di mercato) indicano.
E con sbarramenti, limitazioni, ostacoli che, di fatto, consentono alle formazioni "liberali" (conservatrici o riformiste che siano) di gestire la maggioranza di potere o l'opposizione politica.
Ed ogni volta in cui appare qualche formazione antisistema - tradizionalista, fascista, nazionalista, comunque non controllabile - succede che la si attacca per la sua "antidemocraticitá", anche se partecipa regolarmente alle elezioni, accetta il sistema costituzionale vigente; e si tenta di metterla in condizione di non poter crescere, isolandola o criminalizzandola, fino ad inventare leggi elettorali che non le consentano di eleggere rappresentanti in parlamento.
Lì nell'angolino a non dare troppo fastidio. Ciò che dimostra, se ve ne fosse bisogno, la natura totalitaria del sistema liberale.
La defigurazione, per mezzo dell'ideologizzazione del concetto, del termine "democrazia" é dunque utilizzato per criminalizzare le opposizioni non gradite, quelle capaci di sparigliare le carte in tavola, di opporsi a quella sorta di stucchevole bipolarismo, liberali di destra/liberali di sinistra, che solo puó garantire ai signori del danaro di continuare a fare i comodi propri sulla pelle degli altri uomini.
Gli svedesi - così come francesi, inglesi, austriaci, bulgari, ungheresi per non citare che i casi piú importanti - hanno, dunque anche loro, iniziato a sottrarsi a quel meccanismo totalizzante che, come tutte le costruzioni umane, é destinato a logorarsi per naturale consunzione.
Invasi da una massa allogena pari al 20% (almeno) della popolazione, anche i compassati svedesi hanno iniziato a capire che il sistema che per anni avevano votato e che aveva loro garantito per anni "la culla e la tomba" avrebbe finito per riservare agli immigrati la prima e a loro solo la seconda.
La stessa sorte destinata agli altri europei. Ma piú buio che a mezzanotte non é e l'aurora puó ben sorgere in Scandinavia !

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