domenica 20 marzo 2011

EUROPA CALANTE LUNA CRESCENTE

Fino a che punto debbono o non debbono riguardarci - a noi italiani e all'Europa a cui bene o male apparteniamo, per ragioni storiche, etniche e geopolitiche ben precedenti il sorgere della dittatura burocratica di Maastricht, Lisbona e Bruxelles - gli scontri tra i briganti libici, pro e anti Gheddafi?
Basterebbe osservare la cartina geografica per capire che la cosa ci concerne assai e non solo perché la Libia ci fornisce petrolio ed è una porta d'accesso dell'immigrazione africana ma perché la storia sta ridisegnando il bacino del Mediterraneo come punto nevralgico dei futuri equilibri mondiali.
Iniziato il suo declino colle scoperte dei nuovi mondi e spostandosi il baricentro degli interessi economici sempre più a occidente colle potenze europee che mantenevano peró per lungo tempo la barra del timone saldamente nelle proprie mani, la conseguente atlantizzazione dei commerci contribuì in maniera determinante alla perdita d'influenza dell'impero turco e alla sua progressiva marginalizzazione economica, politica e militare, culminata col suo smembramento, ultimo capitolo di quel processo di decadenza; e con esso alla perdita di vitalitá dell'islamismo, inteso come volontá di potenza espressa dagli stati o dalle nazioni seguaci di Maometto, che proprio nella politica espansionistica della Turchia aveva trovato la più compiuta espressione.

Ogni analisi dev'essere condotta "frigido pacatoque animo"; lasciamo dunque da parte pregiudizi, propensioni ideologiche, rancori, simpatie.
Gheddafi è un mascalzone che ha umiliato l'Italia - che a sua volta gliel'ha però permesso - depredando decine di migliaia di nostri connazionali e Tripoli, lui consenziente, ha rappresentato per vent'anni un canale del terrorismo internazionale; tali non indifferenti precedenti storici ci debbono servire peró non già come cieche ragioni di rivincita ma al più come metro di giudizio, per valutare la psicologia e dunque le possibili reazioni del satrapo libico.
Al tempo stesso evitiamo però di cadere nella tentazione opposta, come fanno coloro che, vedendo in lui il difensore del proprio popolo e dei suoi interessi nazionali, si schierano ideologicamente e a priori contro ogni suo avversario.
E chiediamoci piuttosto se queste profonde turbolenze del mondo musulmano
- unite ad un riposizionamento d'una Turchia sempre meno filooccidentale, sempre meno "laica" e incamminata, dopo la parentesi kemalista, ad una reislamizzazione della propria società - non rappresentino il sintomo preoccupante d'un forte risveglio islamista o quantomeno possano fungerne da detonatore; giá stuzzicato dalla brutale e banditesca condotta dello stato sionista e dalla miope politica mediorientale degli Stati Uniti oltre che dalla filantropica apatia dell'Europa il risveglio del sogno islamico appare oggi favorito dall'accresciuta importanza del Mediterraneo liberatosi dalla morsa del bipolarismo della guerra fredda; qui s'incrociano infatti interessi europei, islamo-islamistici, usa-sionistici e anche russi, questi ultimi attraverso le basi militari in quella propaggine mediterranea che è il mar Nero a cui s'affaccia un'Eurasia caucasica cartina di tornasole dei rapporti di forza tra Washington e Mosca.
Il confine marittimo che separa il sud dell'Europa dal Magreb sta ribollendo, esattamente come tanti secoli fa e il fuoco che lo sta riscaldando è alimentato non solo dal petrolio ma anche da un mai domato ardore islamistico, d'espansione e di rivincita; senza contare che già un islam è presente in Europa (Bosnia, Albania e il banditesco regime del Kossovo), sia pur ridotto a far da bagascia degli interessi statunitensi.
Questo occorreva forse mettere in conto nel momento in cui ci si preparava ad intervenire; chiedersi se Gheddafi fosse o no il male minore e/o quali garanzie potesse fornire il partito avversario ai sia pur variegati interessi degli stati europei.

Occorrerebbe però sfilarsi le lenti, deformanti, della democrazia e dei diritti dell'uomo, che nelle relazioni internazionali - e men che meno nello scenario
libico - non contano un bel nulla e che infatti nessuno degli attori mondiali (Cina e Russia in primis) a differenza dell'Europa (che però è una debole comparsa) si sogna mai d'inforcare (gli Usa sì ma utilizzano lenti truccate) e guardare in faccia la realtá, che ci rivela cose piuttosto evidenti: primo, che l'islam, testa di ponte dell'islamismo, è già profondamente penetrato nei nostri territori e si sta riaffacciando sulla scena scaraventando sulla bilancia la propria forza demografica, una notevole aggressivitá spesso associata al fanatismo e, last but non least, la propria volontà di rivalsa.
Secondo, che in questa contrapposizione geopolitica gli Stati Uniti giocano un doppio gioco: da un lato guida e punta di lancia dell' "occidente" nella lotta al terrorismo internazionale, ruolo che permette a Washington di dettare bersagli e strategie ai suoi soci di minoranza e,dall'altro, alleato dell'islamismo sia in funzione anti-russa sia in funzione d'indebolimento del nostro continente sia in funzione di boicottaggio d'un possibile avvicinamento Mosca-Europa (Bosnia, Kosovo, Cecenia, pressioni su Bruxelles per l'entrata della Turchia in Europa).

E' per questo che l'operazione anti-Gheddafi sembra nascere sotto cattivi auspici: il dissenso tra le due maggiori potenze continentali, che sottolinea l'inesistenza dell'Europa come polo geopolitico, la presenza di Gran Bretagna e, soprattutto l'appoggio statunitense, finiranno per giovare principalmente al polo anglosassone e alla strategia statunitense di controllo delle fonti energetiche, il tutto ancora una volta mascherato da pretese umanitarie e cioè il soccorso alle popolazioni ribelli; e chissà se l'affannoso sgomitare italiano alla ricerca d'un ruolo di primo piano nell'operazione militare in corso potrà garantirci un domani il mantenimento dell'attuale approvvigionamento di petrolio libico.
E se riuscirà anche ad evitare quella apocalittica invasione - già profeticamente annunciata da Jean Raspail nel "Campo dei Santi" - che oggi non appare più come uno spettro lontano ma giá si mostra con reali ed angoscianti avvisaglie, segno premonitore della pesante recrudescenza d'uno scontro civilizzazionale
già ri-avviato e che rispetto a settecento anni fa ha solo cambiato tecniche di combattimento.
Ed i lampedusani se ne stanno accorgendo a proprie spese; abbandonati da uno Stato italiano incapace anche solo di biascicare la parola "no" poichè in coma irreversibile e da un'Europa ancora alla desolante ricerca di sé stessa, la loro coraggiosa reazione dimostra tuttavia che l'elettrocardiogramma della nazione non è ancora del tutto piatto.

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