venerdì 28 gennaio 2011

TUNISIA, LA RIVOLUZIONE DEI PRIVILEGIATI?

Posto la traduzione d'un articolo pubblicato sul sito di geopolitica
www.realpolitik.tv e scritto da Bernard Lugan, rinomato africanista francese.

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In Francia, i politici ipocriti hanno applaudito la caduta d’una ditattura ch'essi frequentavano abitualmente fino a ieri, a cominciare da quelli che volevano nascondere che il RCD (Rassemblement constitutionnel démocratique),il partito del decaduto presidente era membro dell’Internazionale socialista .

Tutti hanno scordato che nel 1987, l'accesso al potere del generale Ben Ali era stato unanimemente salutato come un'avanzata democratica, che sotto la sua ferma direzione, la sovversione islamista era stata soffocata, che la Tunisia era divenuta un paese moderno la cui credibilitá permetteva un accesso al mercato finanziario internazionale. Attirando capitali e industrie, il paese era a tal punto progredito che l' 80% dei tunisini era divenuto proprietario del proprio alloggio. Questo polo di stabilitá e di tolleranza in un universo musulmano spesso caotico permetteva l'arrivo di milioni di turisti alla ricerca d' un esotismo temperato da una grande modernità. Migliaia di pazienti giungevano a farsi operare a costi inferiori e ad un medesimo livello di cure rispetto all' Europa. In questo paese che consacrava piú dell' 8% del suo PIL all'istruzione, la gioventù era scolarizzata al 100%, il tasso d'alfabetizzazione era superiore al 75%, le donne erano libere e non portavano il velo; quanto alla demografia, con un tasso di crescita dell' 1,02%, essa aveva raggiunto un livello europeo. 20% del PIL nazionale era investito nel sociale e piú del 90% della popolazione beneficiava d’una copertura medica. Tutti successi quasi unici nel mondo arabo-musulmano, tanto piú notevoli ove si pensi che, differenza dell’Algeria e della Libia, i suoi due vicini, la Tunisia non dispone che di deboli risorse naturali.

I tunisini erano dunque dei privilegiati ai quali non mancava che una libertá politica generalmente inesistente nel mondo arabo-musulmano. Essi si sono dunque offerti il lusso d’una rivoluzione non vedendo che si stavano sparando una pallottola nei piedi. La loro euforia rischia d'altronde d'essere di corta durata poiché il paese deve fare il bilancio di eventi che hanno provocato delle perdite che superavano già piú di 2 miliardi d’euro a metá gennaio e che rappresentavano allora il 4% del PIL. La Tunisia s'appresta ad uscire dalla prova duramente indebolita, ad immagine del settore turistico che riceveva annualmente piú di 7 milioni di visitatori e che è oggi totalmente sinistrato, i suoi 350 000 impiegati essendosi riuniti al 13,2% di disoccupati che il paese contava in dicembre 2010.

Per il momento, i tunisini hanno l’illusione d'essere liberi. I piú ingenui credono anche che la democrazia risolverá tutti i loro mali, che la corruzione sparirá, che la disoccuapazione giovanile sará riassorbita, mentre i dirfitti delle donne saranno salvaguardati… Quando constateranno che hanno segato il ramo sul quale erano in definitiva con relativo conforto seduti, il loro risveglio sará immancabilmente doloroso. Giá, nelle moschee, le prediche radicali hanno ricominciato e prendono di mira direttamente il Codice di statuto personale (CSP), questo statuto delle donne unico nel mondo musulmano. Imposto da Bourguiba nel 1956, poi rafforzato da Ben Ali nel 1993, rende le donne tunisine totalmente uguali agli uomini. Ormai minacciata, la laicitá va poco à poco, ma direttamente ad essere rimessa in causa dagli islamici e la Tunisia sará dunque, presto o tardi, posta davanti ad una scelta assai chiara : l'anarchia con lo sprofondamento economico e sociale o un nuovo potere forte.

Tutta l'Africa del Nord subisce attualmente l'onda dello choc tunisino. L'Egitto è particolarmente minacciato in ragione della sua spaventosa sovrappopolazione, dell'etá del suo presidente, della quasi sparizione delle classi medie e delle sue considerevoli ineguaglianze sociali. Dappertutto, la prima rivendicazione é il lavoro dei giovani e particolarmente dei giovani diplomati che sono i piú colpiti dalla disoccupazione. In Tunisia, alla vigilia della rivoluzione, due disoccupati su tre avevano meno di 30 anni e uscivano spesso dall'universitá. Il paradosso è che, da Rabat a Tunisi passando per Algeri, i diplomati sono troppo numerosi in rapporto ai bisogni. Una volta ancora, il mito del progresso all'europea ha provocato un disastro nelle societá che, non essendo preparate a riceverlo, lo subiscono.

In Algeria, dove la cleptocrazia dello Stato ha dilapidato le immense ricchezze provenienti dal petrolio e del gas, scoperte e messe in attivitá dai francesi, la gioventú non ne puó piú di dover sopportare una oligarchia di vegliardi che giustificano le posizioni acquisite e un totale immobilismo sociale in nome della lotta per l'indipendenza condotta piú di mezzo secolo fa. Anche se i problemi sociali sono enormi, il Marocco sembra meglio posizionato nella misura in cui la monarchia vi è garante della stabilitá, poiché un giovane re ha saputo responsabilizzare una nuova generazione e perché l’unione sacra sussiste attorno al recupero delle province sahariane. Ma innanzitutto perché il Marocco è un autentico Stato-nazione la cui storia é millenaria. Là è tutta la differenza con un' Algeria la cui gioventù non crede nell'avvenire poiché il paese non ha passato, la Francia avendogli dato le frontiere e persino il suo nome.

Bernard Lugan
Mercoledi 25 gennaio 2011
www.bernard-lugan.com

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