martedì 8 febbraio 2011

BERNARD LUGAN : RIFLESSIONI SULLA CRISI EGIZIANA

Pubblico, tratto dal sito www.realpolitik.tv e tradotto dal francese, un articolo di Bernard Lugan, uno dei massimi esperti africanisti.
La sua analisi, che non entra - né lo vuole - nella valutazione delle cause ultime della crisi è nondimeno attenta nello svelare i luoghi comuni che, anche in questa occasione, hanno riempito le cronache dei drammatici avvenimenti che stanno sconvolgendo l'Egitto.
E dovrebbe far riflettere chi si schiera incondizionatamente dalla parte della piazza anti-Moubarak, dimenticando che la posta in gioco non é solo l'elevazione materiale di una fetta certo considerevole del popolo ma interessi geopolitici che si agitano, e neanche tanto in profonditá, dietro la facciata della lotta per la "libertá".
A cominciare da quelli del fondamentalismo islamico, di cui si fanno portatori, con dovuta cautela, i fratelli musulmani, fino a quelli degli Stati Uniti dove non da oggi si va auspicando la liberalizzazione di circa la metá delle attivitá del paese, gestite in maniera statalistica dall'esercito.
E giá sappiamo per esperienza che dietro quella parolina magica "democrazia", davanti alla quale tanti cadono estasiati, si agitano spesso e volentieri gl'interessi piú torbidi ed inconfessabili.

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BERNARD LUGAN : RIFLESSIONI SULLA CRISI EGIZIANA
Dopo la Tunisia, l'Egitto s'è dunque infiammato . Dimenticando la massima « né biasimo né lodo, racconto », questa regola d’oro della loro professione, i giornalisti si sono fatti per l'ennesima volta i portavoce dei manifestanti. Letteralmente spasimando davanti alle loro azioni, non si sono risparmiati aggettivi superlativi nel descrivere il «popolo» egiziano unanimemente rivoltato contro il « dittatore » Moubarak.

Tutto s'è capovolto nel loro piccolo e limitasto universo di certezze ed approssimazioni quando i partigiani di Moubarak sono a loro volta scesi nella strada; e in massa. C'erano dunque "due popoli" !!! Questa constatazione aveva di che turbare le loro coscienze formattate. Per un breve lasso di tempo la spiegazione è stata peró facile : i contromanifestanti erano dei poliziotti e degli sbirri prezzolati ; poi - orrore ! - scoprirono che si trattava d'abitanti venuti dai quartieri piú poveri.

Così dunque, i piú indigenti osavano guastare la grande celebrazione democratica di cui i giornalisti erano venuti a fare i portavoce. Anzi, piú ancora, questi miserabili osavano, crimine dei crimini, prendersela coi giornalisti, ignorando che in Francia, questa intoccabile casta costituisce uno Stato nello Stato davanti al quale salgono e si prostrano i piú potenti. Avranno almeno ricordato del loro soggiorno al Cairo che sulle rive del Nilo i punti di riferimento non sono quelli delle rive della Senna e che i viaggi sono ben piú formativi che le scuole di giornalismo.

Questi ignoranti non hanno visto che la vita politica egiziana è organizzata attorno a tre grandi forze. La prima, quella che manifesta domandando la partenza del presidente Moubarak e per la quale hanno gli occhi così dolci, è, come in Tunisia, composta da persone che non soffrono la fame ; si tratta in qualche modo dei «privilegiati » che possono offrirsi il lusso di rivendicare la democrazia. La seconda è quella dei Fratelli Musulmani ; perseguitati da decenni e oggi riparata dietro gli utili idioti di turno, questa organizzazione tenta di reintrodursi nello scacchiere politico per imporre la sua legge. La terza forza di cui nessun « inviato speciale » ha mai inteso parlare è quella che vive nei quartieri sfavoriti - lontano dunque dall'hotel Hilton, spartano quartier generale dei giornalisti "battaglieri" - o nei miserabili villaggi della valle del Nilo, lontano dagli occhi dei turisti. E' quella dei fellahs sottopagati, di questo piccolo popolo nasseriano dal patriottismo a fior di pelle che disprezza al tempo stesso la borghesia cosmopolita che occhieggia verso Washington e i barbuti che vorrebbero riportare l'Egitto al X^ secolo. Sono quegli uomini che sono volati al soccorso del Rais Moubarak nel quale vedono, a torto o a ragione, non é questo il punto, un successore, sia pur lontano, del colonnello Nasser.

Ultima nota : mentre la classe poliktica francese (ma non solo quella: ndt) intimava il presidente Moubarak di lasciare il potere, il presidente russo Medvedev teneva un lungo colloquio telefonico con lui, assicurandogli ch'egli si sarebbe opposto contro le ingerenze straniere. Da una parte i cani di Pavlov che alzano la zampa secondo l'aria che tira e dall'altra un uomo di Stato che ben conosce le sottigliezze dell’ «oriente misterioso »

Bernard Lugan
www.bernard-lugan.com/
Autore di "Histoire de l’Égypte des origines à nos jours" Éditions du Rocher, 2002.

Universitario africanista, Bernard Lugan affronta le questioni africane sul lungo periodo partendo da dati reali, cioé la terra e gli uomini. Per lui, occorre parlare delle Afriche e non del’Africa, e degli Africani, dunque dei popoli e delle etnie, e non dell’Africano, espressione tanto vaga quanto riduttrice. Dopo piú di trent'anni d'esperienze di territorio e d'insegnamento universitario in Africa, egli fu in particolare professore per dieci anni presso l’università nazionale del Rwanda, conduce attualmente molte attivitá : edizione d’una rivista africanista diffusa su internet (www.bernard-lugan.com), direzione d’un seminario al CID (Scuola di Guerra), consigliere presso societá che operano in Africa. Egli è del pari esperto per l’ONU presso il TPIR (Tribunale Internazionale per il Rwanda) che ha sede a Arusha, in Tanzania.

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