sabato 30 gennaio 2010

IL VELENO QUALCHE VOLTA FA BENE

Lo confesso: ogni tanto ho bisogno di respirare aria avvelenata; é un sicuro antidoto contro l'ipocrisia, le falsitá, il conformismo; risveglia e serve a mantenere un sufficiente tasso di attenzione e di sana consapevolezza della melma che ci circonda; in una parola, fa sentire vivi.
Non solo avvelenata ma mefitica é l'aria che si respira leggendo l'articolo apparso oggi sul Corriere della Sera (pag.8) intitolato "Bazoli: non bastano nuove regole. Il capitalismo va riformato".
E' il resoconto d'un dibattito su "Societá, economia e politica nella Caritas in veritate" - la recente enciclica di Benedetto XVI sul capitalismo - al quale hanno partecipato, tra gli altri, Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo e il leader del Pd Pier Luigi Bersani.
Ció a cui si assiste é un banale quanto nauseante duetto infarcito di farisaismo, di luoghi comuni e di svergognata ipocrisia; due ballerine sfiancate, dal trucco pesante che si esibiscono in una danza grottesca, cercando di eseguire improbabili piroette, muovendo i loro culi flaccidi e le loro figure rese grevi dall'esercizio del potere, nella convinzione d'esser due silfidi interpreti innovatrici del nuovo balletto chiamato capitalismo riformato. E con un testimone estasiato, l'articolista, che applaude cotanta coreografia.
Sentite che roba: il Bazoli viene presentato nell'incipit dell'articolo come "banchiere umanista ". Ohibó ! Buono a sapersi. Andremo tutti ad aprire un conto ad Intesa Sanpaolo certi d'incontrare una nobile figura intunicata e cinta d'alloro decantarci versi del Poeta mentre ci rifila qualche Bot; si, é pur vero che questo titolo emesso dallo Stato non garantisce neppure piú il capitale investito, ma volete mettere il godimento dello spirito di fronte a qualche centinaia di euro di vile e volgare denaro andato in fumo ?
"Bazoli parla da operatore con esperienza trentennale - e aggiunge - qualche volta mio malgrado". Certamente il nostro ha avuto tantissime crisi di coscienza, da bravo cattolico progressista qual é, dovute al suo ingrato lavoro di banchiere, ma le ha tutte superate colla preghiera ed il sincero pentimento nel monastero di Camaldoli, luogo di convegno dei post-dossettiani, che lui stesso frequenta.
Ed in questa sua critica alle banche che "nel costante impegno ad assicurare una crescita continua del profitto nel piú breve tempo possibile, sono uscite dal mestiere tradizionale", il "banchiere umanista" fa certo riferimento alla sua pregressa carriera, a cui ovviamente é stato costretto - certamente "suo malgrado": amministratore della Banca San Paolo di Brescia nel 1982, poi presidente del Nuovo Banco Ambrosiano, che continua l'attività bancaria del defunto Banco Ambrosiano. poi, dopo la fusione colla Banca Cattolica del Veneto, presidente del Banco Ambrosiano Veneto in cui successivamente entra come azionista il gruppo francese Crédit Agricole, fino ad arrivare, con successive fusioni all'attuale gruppo Intesa Sanpaolo.
Peccato peró che non ci risulti affatto che questi istituti abbiano operato nel solco del "mestiere tradizionale" ossia, immaginiamo, un corretto esercizio del credito ed una gestione oculata del risparmio.
Ci risulta proprio il contrario.
Banca Intesa, nell'ultimo decennio é stata ripetutamente condannata dai tribunali civili per le fraudolente collocazioni di titoli Parmalat e Cirio e di bond argentini a inconsapevoli risparmiatori, tutte operazioni contrabbandate come sicure e da cui sono conseguite per l'istituto pesanti sanzioni da parte della Consob.
Dov'era il "banchiere umanista" quando la sua banca-pusher spacciava carta straccia "uscendo dal mestiere tradizionale"? Ad intrecciar carole e comporre ditirambi in quel di Camaldoli?
Ma naturalmente il nostro "ha sofferto l'ideologia liberale che attenuava la funzione sociale dell'impresa e considerava come una deviazione il credito come funzione sociale ".
E' vero. Il "banchiere umanista" ha sofferto e ancora soffre perch'egli é un convinto fautore della "funzione sociale dell'impresa" e l'ha ampiamente dimostrato quando diresse (sempre "suo malgrado", naturalmente) la cessione del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera, della cui transazione egli fu beneficiario in quanto presidente (allora come ora) della Mittel, una societá finanziaria che partecipó all'acquisto del gruppo avvenuto col pagamento d'una cifra irrisoria, dieci miliardi di lire a fronte d'un valore trenta volte superiore.
E che ora si trova pesantemente accusato dall'ex proprietario del gruppo editoriale, Angelo Rizzoli, d'averne provocato il fallimento allo scopo d'impossessarsene e di farlo impossessare ad altri a prezzo stracciato.
Sulla stessa lunghezza d'onda del banchiere umanista si trova il "politico riformista", al secolo Pier Luigi Bersani.
Anch'egli, ça va sans dire, si trova in sintonia col primo nel "ripensare il capitalismo" per riconsegnare "dignitá alla politica", prima superata da "mercato e profitto che sembrava potessero guidare da soli il mondo".
Uomo di sinistra, di tradizione comunista, egli é naturalmente dalla parte del popolo.
O no?
Egli ricopre la carica di Ministro dell'Industria, del Commercio, dell'Artigianato quando il governo D'Alema emette il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342 (poi colpito da incostituzionalitá) che prevede la sanatoria della precedente prassi bancaria che imponeva ai risparmiatori anatocismo (interessi su interessi) e applicazione abusiva d'interessi passivi extralegali, prassi che i tribunali italiani avevano cominciato, in un sussulto di vera giustizia, a dichiarare illegale e a condannare.
Il decreto, non a caso chiamato "salvabanche", mirava a rendere non piú perseguibili legalmente le vergognese esazioni compiute sistematicamente fino a quel momento dalle banche contro i cittadini .
Operazione che certamente faceva torto "alla caritá, alla giustizia, ma anche alla razionalitá" tutte belle doti oggi invocate dal nostro, insieme alla necessitá d'una "governance mondiale", come punto di partenza per il "ripensamento del capitalismo".
Presente al convegno anche monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste che, siamo pronti a scommetterlo, avrá benedetto con solenni e ieratici cenni del capo le parole piene d'amore e di caritá dei due relatori.
Fossimo stati in lui avremmo ricordato alle due svergognate ballerine (una delle quali, il Bazoli é anche studiosa della Bibbia) la nostra tradizione sociale e religiosa che, fin da Roma antica, condannava le pratiche usurarie.
A partire dalla Lex Cornelia Pompeia unciaria dell'88 a.C., passando per le dure condanne contro l'usura formulate dai Padri della Chiesa (in particolare San Basilio Magno il quale, rivolgendosi all'usuraio, nell'Omelia del Salmo XIV - Patrologia Graeca, 29, 264c-280c - dice "il povero era venuto a cercare un aiuto e ha trovato un nemico. Cercava una medicina e ha trovato un veleno. saresti dovuto venire in soccorso alla sua povertá, invece ti arricchisci sulla sua miseria....L'usura é l'inizio della menzogna...dicono che le lepri insieme generino e nutrono la prole e ancora concepiscono. Così pure il denaro é contemporaneamente preso a prestito ed é generato e cresce ancora. Infatti non l'hai ancora preso in mano che giá ti si richiede l'interesse del mese in corso. E questo denaro preso in prestito giá genera un altro male e un altro ancora, e così fino all'infinito") e dai Concili Ecumenici Niceno I, Lateranense II, Lateranense III, Lateranense IV, Lione I, Lione II, Vienne, dall'opinione di San Tommaso d'Aquino (che ritenendo, al pari d'Aristotele, il danaro puro e semplice strumento di scambio, condannava l'usura in quanto contraria alla giustizia e alla legge naturale) fino all'enciclica di papa Benedetto XIV (il bolognese Cardinal Lambertini) "Vix Pervenit" ("...coloro che vogliono mantenersi immuni e liberi da ogni sospetto d'usura e vogliono dare il loro denaro da altri in modo da ricavarne solo un guadagno legittimo, devono essere esortati a dichiarare prima il contratto che sta per essere concluso, a spiegare le condizioni e l'interesse che chiedono da quel denaro... perché appaia chiaramente se il denaro, che sembra dato ad altri in modo lecito, contenga in realtá un'usura simulata " ).
E ricordiamoci, infine, papa Pio XI. Enciclica "Quadragesimo anno" del 1931:
par.105 " E in primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento. Par.106. Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il danaro, la fanno da padroni; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l’organismo economico, e hanno in mano, per così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe nemmeno respirare ".
E per oggi basta.