giovedì 4 febbraio 2010

SOLO COLPA DEI GENITORI ?

La notizia: alcuni genitori sono stati condannati a risarcire una minorenne che subí anni orsono ripetute violenze carnali da parte dei loro figli, pur essi minorenni all'epoca dei fatti; i genitori, secondo la sentenza emessa dal tribunale civile di Milano, non avrebbero vigilato a sufficienza ma, soprattutto, non avrebbero dato ai propri figli una "educazione dei sentimenti e delle emozioni" nel rapporto colle ragazze e avrebbero omesso di fornire quelle "indicazioni che forniscono ai figli gli strumenti indispensabili da utilizzare nelle relazioni, anche di sentimento e di sesso, con l'altra e con l'altro ... Ed in particolare - prosegue il Tribunale - trattandosi di figli preadolescenti o adolescenti, non é stata dedicata cura particolare, tanto piú doverosa in presenza di opposti segnali provenienti da una diffusa cultura di mercificazione dei corpi, a verificare che il processo di crescita avvenisse nel segno di rispetto del corpo dell'altra".
V'é un punto da sottolineare che il tribunale ha colto e che merita approfondimento: il dovere dei genitori d'educare e di far crescere i propri figli é oggi piú pressante che mai data la nefasta influenza d'una "diffusa cultura" intrisa di segnali diseducativi.
Chi scrive é poco convinto della piega che, non da oggi, ha preso una certa prassi in materia di risarcimenti, spesso concessi solo sulla considerazione del danno subito piuttosto che su una rigorosa ricerca del nesso causale tra il fatto e la condotta di colui che si assume esserne il responsabile.
Non conosco la vicenda che ha dato causa alla sentenza milanese ma anche qui, a leggere gli stralci di motivazione pubblicati dai giornali, si percepisce che si é proceduto sulla base d'un sillogismo piuttosto traballante, del tipo : i minorenni hanno compiuto un atto sbagliato ergo i genitori non li hanno educati ad evitare il compimento di quegli atti sbagliati, il che puó essere anche vero ma non é necessariamente vero o quantomeno non esaurisce tutta la veritá.
E' giusto precisare che in materia di danni causati dal minore vige il principio, codificato, per cui spetta ai genitori, che vogliono essere assolti dall'obbligo di risarcire i danni causati dal figlio, dimostrare ch'essi gli hanno impartito un'adeguata educazione.
Il che certo sposta l'asse del problema più a valle ma non basta a soddisfare quella vera esigenza di giustizia di chi non s'accontenta delle presunzioni legali e delle formule stereotipate.
Il punto é: cosa significa dare adeguata educazione ai figli ? La risposta puó essere spaventosamente difficile o anche d'una disarmante semplicitá: insegnar loro cosa é giusto e cosa é sbagliato e prevedere anche giuste punizioni allorché si comportino in maniera diversa da quello ch'è stato loro indicato.
Ma, mi chiedo, basta tutto questo? E questa mia domanda si riallaccia a quello che la stessa sentenza milanese riconosce, ossia la presenza d'una negativa influenza ambientale individuata in una cultura di mercificazione dei corpi; ma, aggiungiamo noi, non si tratta solo di questo: esiste anche una "cultura" di instupidimento e di lavaggio dei cervelli; di stimolo al piacere e al risultato senza sforzi; un culto della bruttezza e del disordine; una campagna ininterrotta d'istigazione al consumo e allo spreco.
Dunque il discorso si fa piú ampio e l'esempio di Milano puó ben estendersi anche a tanti casi di devianza minorile, di violenza, di reati contro il patrimonio, di condotte di teppismo e di vandalismo, di assunzione di stupefacenti e così via.
Anche in questi casi ci si chiede - legalmente e sociologicamente - se l'educazione che i genitori hanno impartito ai figli é stata o no adeguata.
Limitando il proprio sguardo al risultato, si dovrebbe giocoforza, in questo come in tutti i casi, rispondere di no, ricadendo peró nel non proprio convincente sillogismo da cui prima siamo partiti.
Ma un'onesta ricerca della veritá ci deve indurre a valutare tutto il percorso e capire se gli stimoli al male derivano solo da un'insufficiente educazione famigliare, da uno scarso controllo o piuttosto - o anche - da quella diffusa "cultura" la cui influenza il tribunale milanese evidentemente sottovaluta se ritiene che l'educazione sia in grado d' annullarne gli effetti deteriori.
E' questo, dunque, il punto cruciale.
Esiste oggi la possibilitá per i genitori di contrastare con sufficiente efficacia, colla loro autoritá e il loro controllo, le influenze negative che i figli subiscono dal semplice contatto coll'ambiente circostante ?
C'è da dubitarne.
Oggi, si rincorrono sui giornali, in rete, nella televisione continui, incessanti messaggi che inneggiano alla stupiditá, alla fatuitá, alla ricerca del divertimento, del guadagno facile e fortunoso; al successo nelle attivitá trendy e ben pubblicizzate: balletto, spettacolo, canzonettistica; alla libertá assoluta, all'appagamento d'ogni proprio desiderio; da nessuna parte - dicasi nessuna e se esistono essi sono stratosfericamente minoritari - é dato oggi rinvenire messaggi che inducano lo stimolo del dovere piuttosto che quello del piacere.
Gutta cavat lapidem, sentenziavano gli antichi - che avevano giá detto tutto mentre noi ci affanniamo a cercare chissà quali novitá e ci scordiamo che greci e romani avevano giá inventato quel che c'era da inventare e capire quel che c'era da capire - la goccia scava la roccia, e a furia di assorbire tanti soavi e dolci veleni, tante piccole dosi di indifferenza al bene, al giusto e al bello, anche nel ragazzo piú educato del mondo puó aver germinato un minuscolo detonatore capace di esplodere senza preavviso.
Morale ?
Sperare che a noi genitori vada fatta bene e cominciare a pensare seriamente che nelle, ahinoi, centinaia di casi, uguali a quello che é apparso nelle cronache odierne, esistono ben precise responsabilitá - non solo sociologiche ma anche giuridiche - degli avvelenatori dell'anima e della mente dei nostri figli e dei nostri fratelli minori.
I tempi sono cambiati: siamo in un altro mondo rispetto a quando i ragazzi giocavano tutti nel cortile o si ritrovavano nelle parrocchie.
I cortili sono spariti, sostituiti da casermoni senz'anima e senza spazi; le parrocchie si sono svuotate grazie ai preti post conciliari che hanno smesso di predicare la differenza tra il bene e il male.
Altri tempi quando le madri rimanevano a curare gli affari familiari e potevano controllare i loro figli che, male che andasse, ritornavano a casa con un ginocchio sbucciato; mentre oggi i danni che procura loro la tv e la comunicazione sono infinitamente piú profondi, perché il ruolo della madre é stato assunto da uno schermo piatto ed abissale.
I tempi sono dunque cambiati e anche la divisione delle responsabilitá giudiziali deve tener conto della realtà.
Fossi stato uno di quei genitori avrei chiamato in giudizio - se non altro per cominciare a sollevare il problema - anche i network e tutte le compagnie presenti in internet che in questi anni hanno fatto passare migliaia di messaggi pseudoerotici o di provocazione erotica, certamente - dal punto di vista sociale ma, vivaddio, a questo punto anche giuridico, data anche la loro enorme diffusione - responsabili dell'abbassamento, se non dell'abbattimento, dei limiti di ció che si puó chiamare un normale atteggiamento sessuale.
Non sono state forse pronunciate sentenze di condanna di aziende produttrici di sigarette per i danni da fumo provocati ai consumatori ?
Non puó valere lo stesso principio per le aziende produttrici o distributrici di programmi e visioni piú o meno apertamente incitanti all'atto sessuale, certamente capaci di istigare pulsioni deviate ?
La stessa magistratura cominci a prendere atto di questa mutata situazione sociale ma faccia anche un bel mea culpa.
Perché una bella dose di responsabilità, nell'odierno scollamento famigliare, ce l'ha pure lei a cominciare - un esempio per tutti - da quei giudici della Corte di Cassazione che, in una sentenza emessa pochi anni orsono, confermarono la condanna penale d'un padre che, per punire una figlia che aveva sottratto un ciondolo alla sorella e aveva di ció incolpato falsamente il fratello, l'aveva costretta a scrivere piú volte sul proprio quaderno "io sono una ladra e non devo rubare"; ció di cui s'era accorta la sua maestra che aveva denunciato il padre per "abuso dei mezzi di disciplina". Nientedimeno !
Voi sareste stati dalla parte del padre o da quella dei giudici e della maestra?
Io dalla parte di quel genitore, scaricato dalle istituzioni.
Certamente non era un liberale.
Ma allora crepi il pensiero liberale !

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