martedì 23 marzo 2010

ACHTUNG BANDITEN ? SI,PERCHE' LO ERANO!

Il 23 marzo del 1944, Carla Capponi e Rosario Bentivegna, fidanzati, fecero esplodere in via Rasella a Roma una carica di tritolo, provocando la morte di trentatre militari altoatesini arruolati nell'esercito tedesco e di sei, forse sette (l'incertezza derivando dall'impossibilitá di ricomporre cadaveri fatti letteralmente a pezzi) cittadini romani, fra cui un bambino.
Quei militari erano quanto di piú innocuo potesse esistere nell'esercito del Terzo Reich. Inquadrati in un reparto - "Südtiroler Polizei" - adibito a funzioni di mero controllo della capitale, giravano coi fucili non carichi e si apprestavano, quel giorno, al cambio della guardia al Viminale.
Giunti all'altezza d'un certo palazzo, ad un segnale convenuto (lo fece il Calamandrei) fu accesa la miccia e, subito dopo lo scoppio, alcuni gappisti perfezionarono l'opera sparando e lanciando bombe a mano.
I commenti di socialisti e comunisti fecero a gara per magnificare l'impresa, definita come una vittoria in un "combattimento" contro i tedeschi.
In realtá non vi fu alcun combattimento poiché si trattó di un vero e proprio agguato contro militari disarmati, in una cittá che avrebbe dovuto essere risparmiata dai tormenti della guerra, tanto che i tedeschi avevano appena finito di smobilitare da Roma dove infatti erano rimasti pochi appartenenti al comando locale e quelli in servizio alla polizia.
Il comando germanico comunicó che nessuna rappresaglia vi sarebbe stata se gli attentatori si fossero presentati. Ma i due fidanzati esplosivi (i quali - ovvio no ? - ottennero per questo gesto la medaglia d'oro al "valor militare") non ci pensarono neppure e naturalmente non si fecero vivi, secondo il ben noto eroico stile partigiano.
Dal libro di Piero Buscaroli "Dalla parte dei vinti" :
- La sera della prima strage, quegli eroi scappati e trionfanti sopra il carnaio ammucchiato dei sud-tirolesi, furono ospiti nella casa di un signor Massimo De Massimi, loro amico, che sospettava o era stato informato e domandò a Calamandrei (ndr, uno dei gappisti) "Siete stati voi ?" ricevendo, come risposta, un bel sorriso "Sì, vuoi denunciarci ?" "Non si tratta di denunce, la cosa non finirá qui. Ci sará una rappresaglia sanguinosa..." "À la guerre comme à la guerre" tuonó l'eroe, e l'altro "Vite umane saranno sacrificate per voi, innocenti saranno uccisi. Perché non dimostrate il vostro coraggio costituendovi ? Non potrete mai vantarvi d'una simile azione fin che vivrete..."; si prese così il disprezzo dell'eroe: "Retorica, sentimentalismo, sono un marxista, caro mio, e come tale devo conservare la mia vita per la causa, quella degli altri conta fino ad un certo punto". Eccovi codificato lo stile "resistenza". -
Cito ancora un autore, Pierangelo Maurizio che ha dedicato al caso un libro imperdibile, fondamentale per cogliere la spietata logica che animava la strategia del partito comunista : "Via Rasella, cinquant'anni di menzogne"; da comprare, assolutamente.
Questo episodio, nella sua sconvolgente ferocia quantitativamente pari soltanto alla sua inutilitá - sotto il profilo della lotta al "tedesco invasore" - , mise in moto una serie di meccanismi le cui rotelle, non soltanto per forza d'inerzia ma perché oliate da sempre attuali convenienze, ancora girano emettendo cigolii sinistri.
Non solo la strage di 335 innocenti trucidati alle Fosse Ardeatine ma pure sangue, omertá, procedimenti politici in puro stile sovietico, addirittura un processo dove tre magistrati italiani furono posti sotto sequestro da una marmaglia gonfia d'odio mentre il ministro di Grazia e Giustizia tramava un vero e proprio golpe giudiziario affinché Erich Priebke non fosse liberato e potesse ritornarsene a casa dopo la sentenza che lo aveva prosciolto.
La strage di via Rasella é il primo atto d'una vicenda che ha segnato la storia italiana in maniera indelebile e ne costituisce un significativo capitolo. Non appartiene, miei cari, fedeli, pochi lettori, ad un passato da dimenticare. É la prova provata della menzogna che ha circondato e tuttora circonda la "resistenza", su cui ancora tanti campano politicamente ma che, soprattutto, dá alle c.d. élite culturali di questo fottutissimo paese il grimaldello - strumento adatto ai ladri di veritá, di questi trattandosi - per imporre il loro pestilenziale pensiero .
“Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”, quanto é vera questa affermazione scelta da Orwell, in "1984", come slogan per l'ideologia del "socing", il socialismo inglese capace di controllare il pensiero degli uomini.
Dobbiamo mondarci da "quel" passato di menzogna come ci si libera dalla rogna, dalle piattole, dalla peste.
Perché con quell'ipoteca d'inganni ogni speranza di vera libertá é del tutto illusoria.
Solo la veritá ci renderá liberi.
Lo diceva Uno che non si sbagliava.

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